La Cultura del rispetto dell’ambiente

La Cultura del rispetto dell’ambiente

Tra proclami e iniziative frammentarie

Oggi in Italia l’informazione ambientale e la relativa formazione ed educazione sembrano rivolgersi in maniera differente a tre diverse categorie di destinatari.
L’informazione è rivolta al grande pubblico, ed è espressa in modo generico, suadente, spesso drammatico, attraverso la trasmissione di notizie e verità parziali; la formazione è riservata ai professionisti ed è resa in un linguaggio tecnico-scientifico più oggettivo, ma comprensibile solo agli addetti ai lavori; l’educazione è riferita al mondo della scuola o delle famiglie e non sempre è retta da rigore tecnico e scientifico.
Alla fine, è che la Cultura del rispetto dell’ambiente fa fatica ad attecchire e a diffondersi in consapevolezza, nonostante i proclami e le pressioni avviate fin dagli inizi degli anni Ottanta. La discontinuità e la frammentarietà dei provvedimenti, ma soprattutto il difetto di una riflessione di carattere sistematico hanno impedito che le iniziative assunte potessero avere un impatto realmente utile sulla sistematizzazione e razionalizzazione della politica dell’ambiente in Italia.

Già nel 1984, ad esempio, si tentò, senza successo, la costituzione di un dicastero con competenza esclusiva in materia ambientale. Avrebbe dovuto prendere la denominazione di Ministero per l’Ecologia.
Si raggiunse il risultato soltanto più tardi, nel 1986, quando, con l. n. 349 dell’8 luglio, fu finalmente istituito il Ministero dell’Ambiente. Tuttavia, le misure da allora in poi adottate sono rimaste spesso disattese o bloccate per la convergenza di interessi in conflitto e reputati prioritari.
Per ogni passo in avanti, un altro passo indietro.

Soltanto per fare un esempio, i dati dell’ultimo rapporto ISPRA sul consumo del suolo e del limite al 3% confermano l’inadeguatezza della legge urbanistica sulla tutela e l’uso del territorio.
Il suolo, in condizioni naturali, fornisce servizi ecosistemici necessari al sostentamento, di regolazione del clima (si pensi alla cattura e allo stoccaggio del carbonio, alla regolazione della qualità dell’acqua, alla mitigazione dei fenomeni idrologici estremi, etc.), di conservazione della biodiversità. È, però, anche risorsa fragile, che non solo viene sovente presa in considerazione con scarsa consapevolezza, ma soprattutto gravemente ridotta è l’attenzione che si presta agli effetti derivanti dalla perdita delle sue funzioni. Pratiche agricole, zootecniche e forestali non corrette, scomposte dinamiche insediative, effetti locali dei cambiamenti climatici globali possono dare (e hanno dato) l’avvio a gravi processi degradativi, che limitano o impediscono totalmente la funzionalità del suolo e che spesso diventano manifesti quando hanno ormai assunto il carattere della irreversibilità, o sono in uno stato talmente avanzato, da renderne troppo oneroso ed economicamente poco vantaggioso il ripristino.

Eppure ancora oggi si vede nella tutela dell’ambiente un ostacolo alla produttività.
È noto l’approccio comune di sfruttamento selvaggio delle risorse naturali del territorio, da parte dell’industria a fini di crescita economica e da parte dei cittadini per raggiungere uno stile di vita sempre più comodo. Questo doppio livello di aggressione si esprime, tra l’altro, in una edilizia dissennata, che continua ancora oggi a crescere sia nei piccoli abusivismi, sia nelle grandi opere nazionali. Un consumo del suolo che affida all’Italia un triste primato in Europa. È seconda nel mondo per consumo di cemento pro-capite.
Si fa ancora troppa fatica a comprendere che la tutela dell’ambiente non frena, ma favorisce lo sviluppo. Perché la possibilità di uno sviluppo sostenibile e partecipato da tutti esiste davvero.

Purtroppo sono questi timori che impediscono adeguate campagne informative a beneficio di cittadini che invece restano confusi tra interpretazioni politiche discordanti e posizioni di scienziati intransigenti.
In questa situazione, sarebbe più che mai opportuno anche un impegno diverso anche da parte dei media, potenzialmente capaci di veicolare modelli virtuosi di comportamento e di diffondere esperienze educative. Sarebbe utile un ritorno alle informazioni scientifiche alla portata di tutti, non colorate e distorte da proclami elettorali.
D’altronde, la protezione dell’ambiente è innanzitutto un problema tecnico e progettare strumenti per la divulgazione ambientale, di supporto a iniziative di educazione e formazione ambientale, non può prescindere da una impostazione il più possibile pianificata e offerta da persone in possesso delle necessarie competenze.

 

 

 

FONTI
https://www.sulpanaro.net/2022/10/linarrestabile-avanzata-del-cemento-in-er-consumo-di-suolo-allarmante/
https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/quaderni/educazione-e-formazione-ambientale



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