LA TUTELA DELL’ARTISTA

LA TUTELA DELL’ARTISTA

Manca un piano di sostegno pubblico

Lo stato di emergenza protrattosi per due anni ha portato prepotentemente a galla un problema endemico del sistema dell’arte contemporanea italiano: la protezione degli artisti, che appaiono sotto-tutelati e sotto pagati.

La crisi emergenziale ha esasperato alcune profonde problematiche strutturali.
Manca un sistema virtuoso che riconosca e valorizzi il lavoro degli artisti contemporanei, che induca professionalità anche nell’organizzazione e nell’inquadramento lavorativo e li supporti con una forte e strutturata tutela.
L’artista beneficia, è vero, di particolari diritti, come il diritto di seguito, e di misure fiscali e previdenziali specifiche, come Iva agevolata al 10% per vendite dirette e fondo previdenziale per pittori e scultori (PSMSAD).
Non è sufficiente.
Il sistema è caratterizzato da scarsa coscienza, scarso riconoscimento di professionalità nel privato e disattenzione del pubblico. Una visione tristemente confermata, oggi, anche dall’assenza di misure specifiche destinate alle arti visive.

A differenza della realtà italiana, non mancano all’estero modelli virtuosi, anche perché nel 2007 il legislatore europeo, con l’adozione dello Statuto sociale degli artisti (2006/2249), era già intervenuto chiedendo agli ordinamenti nazionali di attivarsi al fine di sostenere la creazione artistica con misure che intervenissero sugli aspetti commerciali, previdenziali e fiscali della vita dell’artista, qualificandone professionalmente l’attività anche attraverso la creazione di un ‘registro professionale europeo’ che potesse raccoglierne le esperienze lavorative.

Negli ultimi anni due risposte istituzionali di rilievo dedicate al sostegno dell’arte contemporanea sono arrivate con la creazione dell’Italian Council (2017) e dell’Art Bonus (2014).
Il primo, con un budget di 1.700.000 euro, finanzia progetti che prevedono la promozione internazionale di artisti (e dal 2019 anche di curatori e critici), oltre che l’incremento delle collezioni pubbliche.
Il secondo, invece, è un istituto elaborato in Francia, dove è parte di un sistema complesso, non limitato alle sole elargizioni in denaro per la conservazione del patrimonio culturale pubblico, ma esteso anche agli sgravi fiscali che vengono riconosciuti a chi investe in artisti contemporanei allo scopo precipuo di incentivare la creazione, la circolazione ed esposizione di arte contemporanea e la creazione di collezioni private con pubblica fruibilità.

In Italia manca un importante e strutturato sostegno pubblico a favore degli artisti, a sostegno dei quali sarebbe auspicabile avviare un grande progetto di arte pubblica, come ai tempi del New Deal di Roosevelt, e la fondazione di un vero e proprio sistema di partecipazione del privato a sostegno della creazione di arte visiva contemporanea e delle collezioni, anche pubbliche.
Di contro, la normativa italiana in materia è molto limitata e frammentaria, non essendo il risultato di un sistematico disegno programmatico coerente.
I provvedimenti ad oggi adottati dal MIBACT non appaiono realmente utili ad alleviare lo stato di sofferenza economica aggravato dalla pandemia che artisti, gallerie e musei stanno vivendo.
Londra, Parigi, Berlino e Madrid hanno attivato piani di supporto più o meno efficaci, ma senza dubbio in grado di dare un chiaro segnale di presenza ai propri artisti. Iniziative che purtroppo non sembrano essere ancora nell’agenda politica italiana. È d’altra parte anche importante lavorare a una parallela proposta di coinvolgimento diretto dell’artista, riconoscendo valore professionale al suo contributo, nella ricostruzione del sistema culturale resa necessaria anche dall’emergenza sanitaria, valorizzando il più possibile il momento di intervento dell’artista nello spazio pubblico e il ruolo pubblico dell’arte contemporanea.



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