L’ANTITRUST SANZIONA POSTE ITALIANE

L’ANTITRUST SANZIONA POSTE ITALIANE

E’ sempre questione di Giustizia.

In diverse occasioni, in adempimento alla propria funzione, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) si è rivelata determinante per la tutela dei diritti dei consumatori e degli imprenditori, sanzionando pubblicità ingannevole, conflitti di interesse, intese e abusi di posizione dominante e comportamenti escludenti di professionisti scorretti.

Alla adunanza dello scorso 8 settembre 2020, l’AGCM ha comminato a Poste Italiane s.p.a. la sanzione massima prevista dall’art. 27, comma 9, c. cons., ai sensi del quale «9. Con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone inoltre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 5.000.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi dell’articolo 21, commi 3 e 4, la sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro».

Poste italiane pubblicizzava il servizio di ‘posta raccomandata’ evidenziandone le caratteristiche di ‘rapidità’, ‘tracciablità in tempo reale’ e ‘certezza della consegna al destinatario’. Tuttavia, dalla approfondita istruttoria, è apparso evidente che, in realtà, numerosissime raccomandate non venivano recapitate e che i postini usavano lasciare avvisi di giacenza senza nemmeno tentare la consegna. La circostanza è emersa in modo lapalissiano quando i portalettere hanno lasciato avvisi di giacenza per ‘temporanea assenza del destinatario’ anche presso il domicilio di soggetti affetti da disabilità grave, costretti in casa.

Rispetto a tale condotta, l’AGCM ha posto l’accento, nella parte motiva della propria delibera, sui disagi arrecati all’utenza, costretta, «in conseguenza di tali condotte, ad esperire procedure alternative per entrare in possesso del plico con slittamento dei tempi, disagi e dispendio di tempo ed energie, che non sarebbero necessari se il tentativo di recapito venisse realmente effettuato dal postino. Un comportamento che risulta essersi protratto anche nel corso dell’emergenza sanitaria da Coronavirus, come emerge dai reclami ricevuti, nei quali i consumatori lamentano di non essere stati avvertiti dal postino mediante citofono o campanello, in merito alla possibilità di prendere in consegna raccomandate o altre missive a loro indirizzate mediante il deposito delle stesse nelle cassette».

È tuttavia il capo dedicato alla «Quantificazione della sanzione» a rivestire particolare interesse.

Al fine di motivare l’applicazione della sanzione economica nella misura massima prevista dal comma 9 dell’art. 27 c. cons., l’Antitrust ha sottolineato la dimensione imponente dell’azienda, il suo fatturato annuo (che sfiora i 4 miliardi di euro), il fatto che Poste Italiane s.p.a. «rappresenta il principale operatore attivo nell’erogazione dei servizi postali» e che «il tipo di prodotto sul quale incide la pratica commerciale scorretta, rientra in parte nel servizio postale universale».

Inoltre, sempre in relazione alla gravità della violazione, l’Autorità indipendente ha evidenziato «i gravissimi danni arrecati al sistema giustizia».

Su questi valgano alcune considerazioni.

Già nel 2017 il Presidente della Corte di Appello di Roma, nella relazione depositata in occasione dell’innaugurazione dell’anno giudiziario scriveva: «Le notificazioni rappresentano uno snodo critico in particolare per il processo penale, dal momento che la non corretta e intempestiva esecuzione compromette lo svolgimento di processi già fissati implicandone il rinvio con conseguente allungamento dei tempi di trattazione con la conseguente prescrizione dei reati. Il fenomeno è soprattutto evidente nelle notifiche affidate al servizio postale, che si completa soltanto con la restituzione dell’avviso di ricevimento del plico all’Ufficio Giudiziario. Restituzione che avviene in tempi non prevedibili».

Le criticità evidenziate nel 2017 venivano reiterate nel 2020 ove il Presidente affermava: «Le prescrizioni si sono accumulate in passato per via dell’arretrato che allunga i tempi di definizione, ma anche in alcuni casi dal notevole ritardo nell’arrivo del fascicolo in Corte dopo la proposizione dell’atto di appello, cui si è aggiunto talvolta quello conseguente ai tempi e ai differimenti necessari per l’instaurazione del rapporto processuale, spesso compromesso da vizi di notifica … sono, peraltro raddoppiate le notifiche necessarie ed il procedimento, a causa dei ritardi nelle notifiche stesse, ha registrato una pendenza ancor più lunga».

La notizia oggetto di approfondimento pone quindi due spunti di riflessione:

Il primo concerne l’effettiva portata e utilità dei provvedimenti sanzionatori dell’Authority.

L’AGCM ha infatti evidenziato nel suo provvedimento che «la sanzione, seppure irrogata nel massimo edittale, non è deterrente». Infatti, nonostante il decreto legge c.d. “Spending Review”, rubricato «disposizioni urgenti per la riduzione della spesa pubblica a servizi invariati» (approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri in data 5 luglio 2012) abbia previsto l’inalzamento della sanzione massima da 500.000,00 a 5 milioni di euro, ancor’oggi tale sanzione risulta inefficace innanzi a comportamenti posti in essere da imprese con fatturati molto elevati, o per condotte particolarmente gravi, o che generano, a favore della colpevole, ingenti guadagni.

Sarebbe piuttosto opportuno e dovuto il pronto recepimento, nell’ordinamento nazionale, della direttiva 2019/2161/UE che fissa ad «almeno il 4% del fatturato annuo del Professionista nello Stato Membro interessato, il massimo edittale della sanzione irrogabile». Una sanzione che possa essere più difficilmente ammortizzata dal professionista interessato (spesso di grosse dimensioni) scoraggerebbe in fatto condotte infedeli ai danni dei consumatori. Diversamente, l’imprenditore è lasciato libero di scegliere di tenere il comportamento a sé più conveniente, tra rispettare il dovere di correttezza nelle relazioni commerciali o non adempiervi pagando la relativa sanzione, ossia il prezzo della propria decisione. Si finisce, insomma, per legittimare tacitamente (o quantomeno ridurre il contenimento di) comportamenti opportunistici, che andrebbero, invece, disincentivati.

L’episodio offre spunti di riflessione anche, più direttamente, sull’amministrazione della giustizia ed in particolare sulle line di celebrazione del processo penale.

Leggere relazioni di apertura degli anni giudiziari che annoverino i ‘ritardi di notifica’ e la mancanza di ‘professionalità’ del servizio postale tra le principali cause della insostenibile durata dei processi penali e spesso della estinzione dei reati per intervenuta prescrizione, è frustrante per gli sforzi di tutti i professionisti e gli operatori del settore giustizia.

L’auspicio è che Poste italiane provveda a un pronto adeguamento alle prescrizioni imposte dall’AGCM, al fine di contribuire fattivamente al miglioramento del funzionamento della giustizia.

Ciò si afferma nella consapevolezza che comunque si tratterebbe di un passaggio fondamentale ma non sufficiente.

Indispensabile è anche una modifica della organizzazione degli Uffici Giudiziari, che consenta alle Cancellerie e/o segreterie Penali di affidare la notifica degli atti agli Ufficiali Giudiziari (come per le notifiche civili), i quali provvedano alla notifica a mani, quando possibile, o a mezzo Posta, ma che restino comunque responsabili del procedimento di notificazione e garantiscano un maggior livello di professionalità ed affidabilità.

Ovviamente, tale modifica organizzativa non potrà prescindere da un opportuno aumento dell’organico degli Ufficiali Giudiziari.

Per di più, è auspicabile che le Cancellerie e/o Segreterie impongano al proprio personale di richiedere con sollecitudine e tempestività la notifica degli atti, al fine di aumentare il lasso di tempo concesso agli Ufficiali Giudiziari per raggiungere i destinatari.

In tal modo si potrebbe evitare che inadempimenti imputabili al servizio postale si riverberino negativamente sui diritti dei cittadini, siano essi imputati o parti lese.

Di RICCARDO CROCETTA



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