L’ILLEGALITÀ: FENOMENO INTERNAZIONALE

L’ILLEGALITÀ: FENOMENO INTERNAZIONALE

Una questione (non solo) culturale

«Gli stessi mezzi tecnologici che sostengono la globalizzazione e l’espansione transnazionale della Società civile forniscono l’infrastruttura per l’espansione di una rete globale di “società incivile”, criminalità organizzata, trafficanti di droga, riciclaggio di denaro e terroristi».
Con queste parole Kofi A. Annan, all’epoca Segretario generale della Nazioni Unite, dava l’avvio ai lavori di composizione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 e il 31 maggio 2001 e ratificati dall’Italia con la l. n. 146 del 16 marzo 2006.

La normativa, all’art. 3, definisce «reato transnazionale» un reato punito con la pena della reclusione non inferiore a un massimo di quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato e i) sia commesso in più di uno Stato; ii) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; iii) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; iv) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

Un notevole passo in avanti nella direzione del contrasto alla criminalità e ai fenomeni criminosi internazionali.
Ma ancora molta strada resta da percorrere, specie nell’ottica della Cooperazione internazionale tra le Forze di Polizia.

Mentre, infatti, la criminalità organizzata transnazionale è in grado di avvalersi di tutte le opportunità offerte dalla globalizzazione dei mercati e dalle nuove tecnologie di comunicazione e di gestione dell’informazione, gli Stati nazionali, da un lato, continuano a essere eccessivamente gelosi delle proprie prerogative territoriali, dall’altro, vengono spesso tentati dalla possibilità di ottenere vantaggi strategici dall’appoggio, diretto o indiretto, di organizzazioni criminali che mirano a danneggiare avversari o nemici storici.
Si pensi al traffico di migranti utilizzato per destabilizzare un altro Paese o come mezzo di pressione per ottenere concessioni e vantaggi.
Si pensi anche al riciclaggio dei proventi di provenienza illecita: non soltanto questa attività criminale è stata notevolmente favorita dallo sviluppo della tecnologia informatica e di comunicazione, ma ancora oggi esistono Paesi che, pur di mantenere un costante flusso di valuta pregiata, sono disposti a chiudere entrambi gli occhi di fronte all’origine dei capitali.
I criminali tendono a massimizzare le opportunità offerte dai mercati nazionali o internazionali e a minimizzare il rischio di essere identificati, arrestati e condannati e avere sequestrati i proventi delle loro attività criminali, mentre l’Interpol e l’Europol si trovano spesso a dover fare i conti con il segreto bancario o con l’assenza di obbligo di tracciabilità delle operazioni finanziarie.
Unanime è la convinzione che il futuro terreno di scontro tra le Agenzie di controllo e il crimine organizzato sarà sempre più costituito dal mondo delle informazioni e dalla necessità di condividere a livello internazionale fonti, informazioni e modelli investigativi in modo da arrivare ad una maggiore cooperazione tra le Autorità investigative dei singoli Paesi.
Viene facile pensare al traffico di droga e al contrabbando di tabacchi: l’attività viene gestita da alleanze tra criminalità transnazionale, mafie internazionali e banche, con l’appoggio di vari Stati cuscinetto. In questo modo le grandi banche internazionali ricevono e smistano in tutto il mondo i capitali sporchi senza mai chiedersi da dove provengano quei soldi.

È giunto il momento di andare oltre gli interessi egoistici di singoli governi.
In vista di un comune interesse alla sicurezza e alla legalità internazionale, è necessario incentivare la cooperazione e la collaborazione delle varie Agenzie internazionali, tornando a parlare anche di ‘etica’ nella Finanza e nelle Relazioni internazionali.
Nessuno può uscire vincitore se non si combatte il crimine organizzato internazionale insieme, perché anche l’apparente vantaggio che si può ottenere oggi, distogliendo lo sguardo e accettando che sul proprio territorio si svolgano traffici illeciti, è destinato a corrodere il tessuto sociale dello Stato.

Occorre:
– tornare a discutere e a progettare interventi finalizzati a contrastare l’economia sommersa e il crimine finanziario, fornendo adeguati strumenti di indagine internazionale alle Agenzie investigative;
– indagare sullo sviluppo e sulle ramificazioni del commercio mondiale di esseri umani (prostituzione, traffico di migranti, commercio di organi);
– applicare il concetto di ‘tolleranza zero’ nei confronti di Governi e di Multinazionali che intrattengono relazioni commerciali ed economiche con le organizzazioni criminali, in modo da imporre loro una precisa scelta di campo, ricordando che tutte le forme di criminalità, dalle più particolari e piccole a quelle più grandi, hanno come un unico collante la grande finanza internazionale.



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