MI: sia data effettività al diritto alle relazioni affettive dei detenuti

MI: sia data effettività al diritto alle relazioni affettive dei detenuti

A distanza di poco più di anno dalla storica sentenza della Corte di Cassazione dello scorso anno, si torna a parlare del diritto all’affettività dei detenuti.

Sebbene quella pronuncia abbia sancito un vero e proprio diritto del detenuto a coltivare concretamente le relazioni familiari in un’ottica più generale di funzione rieducativa della pena, nessuno degli istituti penitenziari sembra aver fatto quel passo avanti necessario per dare attuazione concreta a quanto statuito dalla Corte.
Addirittura non è mancato qualche Ufficio di Sorveglianza che, nella gestione dei procedimenti avviati medio tempore su questo punto, si è espresso in termini ben diversi rispetto a quanto rintracciabile nella sentenza, degradando a mera aspettativa la posizione giuridica soggettiva azionata dal detenuto richiedente colloqui non sorvegliati con il proprio partner, posizione che diviene dunque, in quanto tale, non direttamente tutelabile in via giurisdizionale.

Che esistano legittime necessità di ordine e controllo all’interno dei penitenziari è fuor di ogni dubbio e la prova empirica di quanto ciò sia necessario arriva dalla cronaca più recente, che mette in evidenza come in alcune carceri circolino sempre più di frequente sostanze stupefacenti, tanto da equiparare gli istituti penitenziari a vere e proprie piazze di spaccio. Allo stesso modo è notizia frequente quella del reperimento di materiale non autorizzato, dalle sostanze illecite ai dispositivi mobili per consentire la comunicazione con l’esterno. Del resto, è altrettanto pacifico che, quando il detenuto è tale per reati associativi rispetto ai quali è verosimile la non interruzione del vincolo di affiliazione al clan, cresce esponenzialmente il rischio che il partner sia in realtà un ponte di collegamento con l’esterno.
Sono queste le ragioni alla base della chiusura a far coltivare il rapporto con la famiglia.

Pur a fronte di queste legittime esigenze, non si può mai prescindere da una valutazione del caso concreto ragionando per categorie.
La funzione rieducativa deve essere obiettivo di qualsiasi programma trattamentale e deve orientare le scelte di gestione del detenuto dal primo giorno di ingresso in carcere all’ultimo, auspicabilmente anche con una proiezione al reinserimento sociale a fine pena. Qualsiasi scelta che si ponga in termini disfunzionali a tale obiettivo è di per sé illegittima perché direttamente contraria a Costituzione.

Per questi motivi Meritocrazia Italia chiede:
– che sia attuato tempestivamente sul territorio nazionale l’adeguamento delle strutture penitenziarie affinché siano individuati e ricavati spazi idonei al diritto all’affettività dei detenuti compatibilmente con le legittime esigenze di organizzazione e vigilanza;
– che i direttori degli istituti di pena siano chiamati a dare assoluta priorità all’individuazione e/o alla riorganizzazione degli spazi disponibili affinché sia comunque garantita la possibilità per il detenuto di avere incontri non sorvegliati dal personale di vigilanza;
– che si dia dettaglio normativo per la definizione di modalità, tempi e forme di esercizio del diritto all’affettività per i detenuti.

Stop war.



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