Mozione Marche

Mozione Marche

Mozione Regione Marche
Risorgere da crisi economica e catastrofi sismiche: nuovi orizzonti per l’occupazione e l’imprenditoria nelle Marche
I dati Istat elaborati da Ires Cgil per il primo trimestre 2019 riportano 64 mila marchigiani senza impiego, tra i quali un alto numero di laureati. Complessivamente, il numero degli occupati perduti dal 2008 ad oggi ammontano ancora ad oltre 16 mila. Il tasso di disoccupazione si attesta al 9,1%, stabile rispetto al primo trimestre del 2018.
Tali dati confermano le difficoltà delle Marche, dopo una brevissima parentesi negli ultimi due trimestri del 2018, ad agganciare la ripresa e quindi ad avere miglioramento occupazionale. Emergono enormi problemi strutturali nella regione confermati dai dati della cassa integrazione che riprende a crescere e quelli della diminuzione della produzione industriale. Senza politiche industriali di investimenti mirati e senza una politica economica espansiva non potranno esservi effetti benefici sull’occupazione. La regione ha bisogno di lavoro di qualità e stabile abbandonando l’idea che il lavoro si crei incentivando le imprese sulle assunzioni. La storia recente insegna che tanto denaro pubblico è stato dilapidato senza produrre buona occupazione.
E’ dunque necessario ripensare una soluzione che passi dalla risoluzione dei problemi delle imprese gravanti sull’assetto economico della regione ed abbia effetti sull’intero comparto occupazionale.
1) Fino a pochi anni fa, l’indotto calzaturiero marchigiano delle pelli era uno dei distretti industriali più importanti d’Europa. Oggi, il territorio italiano a più elevato tasso di produzione calzaturiera ha richiesto al Mise il riconoscimento di area di crisi complessa per affrontare con tutti i mezzi necessari, ordinari e straordinari, una situazione sempre più complicata.
Lo status di area di crisi complessa, può aiutare, ma non è la cura, in buona sostanza non porterà ordini alle aziende. Ogni impresa deve capire i suoi punti di forza ed elaborare piani strategici per affrontare la profonda trasformazione in atto nel mercato. I mercati sono cambiati, i prodotti sono cambiati e le aziende sono state colte alla sprovvista. E’ necessario puntare su innovazione e internazionalizzazione tramite soluzioni di rete che permettano alla piccola e media impresa di ridurre i costi e costituire una massa critica tale da affrontare anche investimenti importanti.
2) La situazione delle due principali produzioni delle Marche a carattere distrettuale, il calzaturiero e il tessile abbigliamento, impattano anche sulla ripresa del cratere terremotato. Possedevano e comunque posseggono ancora, un peso significativo in termini occupazionali. I dati del 2011 riportano un assorbimento di 78mila addetti, pari a ¾ degli addetti totali del cratere e al 16% dell’intera regione.
Da quell’anno sino al periodo precedente il sisma del 2016, però, il tessuto delle imprese del cratere marchigiano si è ridotto in maniera sistematica anno dopo anno. La graduatoria delle regioni per incidenza di occupati nei settori ad alta tecnologia e per spesa in Ricerca e Sviluppo in rapporto al Pil, mostra come la nostra regione sia piuttosto indietro rispetto alla maggioranza delle regioni del Centro Nord: si tratta di ulteriori conferme all’evidenza secondo cui il sistema economico regionale non si avvale di personale altamente qualificato come avviene nelle altre regioni del Centro Nord perché è impostato su una struttura dove le funzioni più avanzate dell’attività economica hanno un ruolo ancor più modesto di quello che già si registra per la media del Paese, col risultato che la maggior parte delle imprese di piccole dimensioni, non desidera laureati.
La presenza di elementi del capitale culturale (materiale e immateriale) può certamente sostenere processi di sviluppo localizzati, ma non è condizione sufficiente per uno sviluppo duraturo: ingredienti indispensabili per il successo delle iniziative sono la coerenza nella partnership pubblica verticale e la cooperazione istituzionale orizzontale (tra comuni) che consente di raggiungere una massa critica degli interventi ed offrire un insieme di servizi e prodotti più vario ed integrato, migliorando la capacità di attrazione dell’area nel suo complesso.
Il consolidamento del rapporto sinergico tra i luoghi della formazione di nuove competenze e il fare impresa e innovazione, deve poter invertire il processo di abbandono dei territori da parte delle nuove leve. Di questa inversione beneficerebbe non solo la regione nel suo complesso (che non andrebbe a perdere le risorse umane faticosamente formate a vantaggio di altre realtà territoriali già ricche) ma anche le singole realtà interne, montane, sismiche, marginali: il concetto di hub naturale ad alta attrattività potrebbe riproporsi in vari ambiti, anche piccoli e lontani dalle aree più dotate della regione; valgono a tal fine quegli elementi che consentono di costruire nei territori legami stretti tra i luoghi della formazione di nuove competenze e il fare impresa e innovazione, in direzione di ecosistemi aperti e competitivi.
Tra le condizioni perché ciò avvenga, ve ne sono di ordine infrastrutturale, di cultura imprenditoriale, di innovazione finanziaria: occorrono reti digitali ad alta potenzialità in grado di limitare i condizionamenti spaziali e temporali; occorre la capacità di dar vita a “fabbriche digitali” dove si evitino i vincoli delle economie di scala (ad esempio tramite macchinari interconnessi) e si punti ad economie di scopo, flessibilità, adattabilità; le catene del valore passano da lineari a circolari perché integrano continuamente prodotto e mercato.
E’ dunque necessario puntare ad una nuova stagione della piccola e della micro imprenditoria (arrestando e invertendo la dinamica di diminuzione delle imprese). Una nuova attrattività dell’esperienza imprenditoriale, consentirebbe di affrontare il problema di una generazione di individui e classi dirigenti che ha accumulato rendita a discapito del rischio, scaricando sul debito pubblico la loro sicurezza sociale e il loro livello di benessere.
Oggi questa generazione vede figli e nipoti arrancare in una società che li tiene sotto scacco con poco lavoro buono, scarse coperture sociali e un allungamento paradossale della loro dipendenza economica dai nuclei familiari di provenienza. Rompere il circolo vizioso intergenerazionale descritto, significa puntare dalla rendita al rischio. Nelle Marche la propensione a fare impresa costituisce un aspetto fondante della cultura locale che può risultare strategico in tale direzione.
La produzione va riorganizzata in funzione dell’attività di innovazione e l’approccio all’innovazione diverrebbe in questo modo sempre più a carattere multidisciplinare, nuove soluzioni nascerebbero dalla
diversa combinazione di tecnologie trasversali, in modo convergente. Allora la compresenza in un’area come quella marchigiana dotata di una varietà di protagonisti del mondo della cultura e della ricerca, dell’arte e dell’impresa, rende quantomeno opportuno sperimentare tali comunità, dove la prossimità dei protagonisti e il loro interagire sia caratterizzato da luoghi e strutture formali e informali, fisici e immateriali, attrattivi per i nativi digitali, per i nuovi imprenditori, i maker, i ricercatori locali, nazionali ed esteri. Andrebbe consolidato il rapporto sinergico tra i luoghi della cultura e della formazione di nuove competenze e il fare impresa e innovazione (HUB) oltre a combinare il “saper fare” tradizionale sedimentato nel corso del tempo con le nuove tecnologie nelle produzioni manifatturiere, cogliendo le opportunità offerte dal Piano Industria 4.0 sulla base di un approccio problem solving, il piano straordinario “Made in Italy”, e fondo del CIPE a disposizione per gestire i processi di reindustrializzazione, transizioni e crisi industriali. Creare botteghe moderne che vedono il coinvolgimento di architetti, ingegneri, informatici, designer, esperti di gestione d’impresa, ed artigiani che possano dare il loro contributo specialistico alla catena del valore, dalla pura ideazione alla realizzazione concreta di nuovi prodotti personalizzati, ovverosia con caratteristiche tecniche ed estetiche in grado di soddisfare le esigenze particolari delle diverse nicchie di mercato individuabili in ambito nazionale ed internazionale.
Emerge la necessità di favorire il sorgere e lo strutturarsi di comunità tecnico – scientifiche ispirate dalle linee di ricerca attivate dalla sismicità della regione. L’importanza di far leva sulla ricostruzione post-terremoto per massimizzare gli effetti diretti e indiretti sul tessuto imprenditoriale e sociale del territorio anche in termini di qualificazione del lavoro e di efficienza delle imprese.
E’ da tali comunità che possono nascere occasioni per comunanza di esperienze e interessi, per reciproco apprezzamento e nuove opportunità di collaborazione dove avrebbero molto spazio figure di lavoro qualificato oggi così colpite dalla piaga della disoccupazione.
L’attuazione di un tale progetto porterebbe conseguenzialmente alla realizzazione di un sistema viario e infrastrutturale fitto ed efficace, soluzioni di alloggio e ristorazione moderne e nel contempo conservative di natura, cultura e tradizione. Favorirebbero l’addensarsi di luoghi di incontro e socializzazione formali ed informali (dai Fab-Lab ai Co-working, dalle scuole superiori “aperte” ai siti museali multimediali, ecc.), istituzionali e non, che potrebbero consentire il sorgere e l’operare di comunità nelle quali lo spirito imprenditoriale marchigiano troverebbe nuova linfa permeandosi di ricerca e sperimentazione, creatività e cultura.
Con tali motivazioni si chiede che l’Associazione faccia propria la problematica e la ponga tra i primi punti dell’azione politica che andrà a compiere nell’anno.
Colli del Tronto, 29.08.2019
Coordinatrice Regione Marche
per Meritocrazia Italia



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