NUOVE POLITICHE DEL LAVORO

NUOVE POLITICHE DEL LAVORO

Verso logiche di effettiva inclusione

Il testo ufficiale della Legge di Bilancio 2021 prevede novità fiscali e misure in materia di lavoro per un totale di 40 miliardi di euro.

E’ il Titolo VI della legge a descrivere uno dei punti centrali della manovra, in materia di lavoro, famiglie e politiche sociali.
In primis, la proroga della cassa integrazione con ulteriori 12 settimane di ammortizzatori sociali, da fruire entro il 31 marzo 2021. Lo stesso limite è previsto per il divieto di licenziamento, così come per la fruizione dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali per i datori di lavoro che rinunciano alla cassa integrazione.
Con le novità inserite viene istituita, in maniera sperimentale per il triennio 2021-2023, l’indennità straordinaria di continuità reddituale ed operativa (ISCRO), a favore dei lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata, quella che è stata definita come la Cassa Integrazione per le partite Iva.
La sezione contiene, inoltre, la nuova mini riforma delle pensioni 2021 e la proroga di Opzione Donna e Ape sociale, estende l’isopensione di 7 anni fino al 2023 e prevede la nona salvaguardia per i lavoratori “esodati”.
Secondo le disposizioni governative, relativamente alle assunzioni per i giovani under 35 anni i contributi saranno integralmente pagati dallo Stato, così come per l’assunzione delle donne, senza limiti di età. Viene, infine, finanziata e messa a regime la decontribuzione del 30% per tutti i lavoratori neoassunti del Mezzogiorno.

I propositi perseguiti meritano condivisione.
Vale, tuttavia, rilevare alcune criticità sulle quali occorre riflettere.

Le condizioni alla base degli incentivi per le assunzioni sembrano rendere la misura di difficile accesso.

E’ certo che troppi vincoli finiscono per scoraggiare le imprese, già disorientate da una normativa disorganica e opaca, che spaventa e alimenta la sfiducia.
Nella specie, le imprese sono tenute a
– rispettare il diritto di precedenza;
– non avere sospensioni dal lavoro connesse a crisi o riorganizzazione aziendale;
– essere in regola con gli obblighi di contribuzione previdenziale;
– non aver proceduto a licenziamenti nei 6 mesi precedenti e non farlo nei 9 mesi successivi all’assunzione.
In più, per le donne, gli incentivi sono negati se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito da norme di legge o contrattazione collettiva.
La decontribuzione decennale al Sud, poi, non è considerata un’agevolazione, per cui bisogna solo essere in regola con i contributi previdenziali, non aver violato norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e degli obblighi di legge, né gli accordi e i contatti collettivi.

La direzione da intraprendere per il miglioramento del sistema sta nella semplificazione e in maggiori garanzie di effettiva fruibilità delle misure di sostegno e delle opportunità di inclusione occupazionale, con azioni più decise per il rilancio del mercato del lavoro.

Una riforma delle politiche del lavoro non è più rinviabile. 

Servono interventi mirati a riportare la Persona al centro del sistema produttivo e a far crescere il livello di impiego.
Utile, in questa direzione, sarebbe una strutturale decontribuzione del mercato del lavoro, senza distinzione per fasce di età e senza vincoli temporali.

E’ il momento di superare logiche di sussidio, potenzialmente idonee a disabituare il lavatore alla produttività e ad adagiarsi sull’assistenza, intervenendo con gli ammortizzatori sociali soltanto nel caso in cui il lavoratore non riesca realmente a trovare occupazione e si impegni in processi formativi finalizzati ad essere reimmesso nel mercato con altra e più funzionale qualifica.

Si potrebbe pensare di volgere il reddito di cittadinanza in reddito di formazione, inclusione e sostegno.

Utile anche un inasprimento delle sanzioni per la lotta al mercato sommerso, a carico di datore di lavoro e lavoratore: chiusura di 2/3 mesi dell’attività produttiva, nessun sostegno al lavoratore scoperto a fare attività in nero, e, per il caso di liberi professionisti non muniti di Partita iva, a monte di sgravi fiscali fino a redditi che non superino il minimo salariale netto, sanzioni pecuniarie anche per i fruitori del servizio.

Contribuirebbe anche vietare lo svolgimento di seconde attività, salvo che non portino al raggiungimento del minimo salariale previsto per legge. Questo darebbe l’opportunità di mettere a concorso diversi posti di lavoro nel pubblico e sarebbe una manovra dalla valenza solidale e secondo equità.

Non ultima, avvertita la necessità di creare delle autostrade digitali che possano agevolare l’incontro tra domanda ed offerta e mappare le reali esigenze del Paese per specificità, guidando fin dalla fase di formazione scolastica i giovani nella scelta dell’indirizzo e valutandone le percentuali in ottiche occupazionali.



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