NUOVO ASSEGNO UNICO FAMILIARE

NUOVO ASSEGNO UNICO FAMILIARE

Servono politiche attive a sostegno di natalità e famiglie

Dopo il blocco causato dalla recente emergenza, il PNRR diventa l’opportunità per la ripresa economica e sociale.

Nel frattempo, a sostegno delle famiglie, è di recente adozione lo strumento dell’assegno unico universale (d.l. n. 79 del 2021, in sede di conversione).
A beneficiare di circa 21 miliardi saranno le famiglie con figli minori a carico che non hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare (anf): lavoratori autonomi, disoccupati, coltivatori diretti, coloni e mezzadri, titolari di pensione da lavoro autonomi.

Il decreto in vigore dall’1 luglio consentirà l’erogazione dell’assegno in base alla situazione economica del nucleo familiare attestata dall’Isee, per ciascun figlio minore, con maggiorazioni per nuclei familiari con più figli o con minori disabili, con estensione a chi ha la residenza in Italia da più di due anni e a famiglie con minori in affido o adozione.
La platea dei beneficiari è attualmente circoscritta, ma, dal 2022, con la riforma fiscale il sussidio diventerà strutturale e universale.

La misura è destinata a divenire «unica», omnicomprensiva, dal prossimo gennaio, sostituendo tutti i sussidi attualmente previsti e frammentariamente regolati, ed eliminando detrazioni per figli a carico, assegni al nucleo familiare, ipotetici bonus bebè, bonus mamma e carte acquisti.
L’assegno ‘ponte’ è compatibile, invece, con il reddito di cittadinanza e con la fruizione di eventuali altri sussidi a favore dei figli a carico erogate da Regioni e Comuni.

Apprezzabile è che, in un’ottica di equità e di facilitazione per gli utenti sia dal punto di vista strutturale che dell’erogazione, siano state incluse categorie di lavoratori finora totalmente estranee a benefici, e sia nelle intenzioni eliminare parcellizzati sussidi, ora unificati anche in ottica di semplificazione.

Per altro verso, tuttavia, resta l’idea che un’azione davvero efficace sia sempre quella di programmazione di medio-lungo periodo e che iniziative di sussidio siano invece insufficienti e poco adeguate a garantire equilibri di stabilità e reale benessere.

Rispetto a come congegnata, rappresentano criticità della nuova formula dell’assegno unico universale:
– il collegamento tra beneficio e indicatore Isee, che tiene conto non solo del reddito ma anche di parametri patrimoniali;
– la possibilità, come accaduto ai fini dell’accesso al reddito di cittadinanza, di un duplicarsi di nuclei familiari con separazioni fittizie o residenze di comodo;
– una forchetta troppo larga tra importo minimo mensile (di € 30,00) e massimo (di € 167,00), con penalizzazione evidente delle classi di reddito medio, che nel 2022 potrebbero vedersi corrispondere importi inferiori al vecchio assegno familiare;
– il contributo troppo elevato per chi ha Isee basso, fino a € 350,00 per figlio al mese, che, sommato ad altri sussidi’, di fatto potrebbe disincentivare la ricerca di lavoro.

A correzione, si potrebbe pensare di:
collegare l’assegno al solo reddito familiare, per evitare iniquità e impedire che il computo venga viziato da ragioni patrimoniali, potenzialmente fuorvianti rispetto alla reale condizione economica familiare;
collegare il sussidio, per le famiglie senza lavoro, a politiche attive di inclusione occupazionale, se del caso riduzione progressiva dell’entità dell’assegno in base al protrarsi degli anni di disoccupazione;
vincolare una percentuale congrua di tale sostegno a finalità imposte (i.e., formazione culturale dei minori, attività sportive, etc.);
includere tra i beneficiari i percettori di assegno per il nucleo familiare (lavoratori dipendenti) con una maggiorazione di € 37,50 a figlio (fino a due) di € 55,00 a figlio (con almeno tre figli).

Continua a credersi, tuttavia, che il problema vada affrontato in maniera più strutturata e che servano politiche di maggiore attenzione e lungimiranza, con interventi organici.
La riduzione delle natalità è un dato di fatto.
Bisogna prendere atto che l’Italia è un Paese anziano e il cambio generazionale non porta ottimismo, poiché, allo stato, il contributo e l’impegno di pochi giovani potrebbe non riuscire a sostituire quella delle fasce più larghe delle generazioni precedenti. Il rischio è che si crei un deficit di spesa che nessuna manovra potrebbe davvero colmare senza un’azione politica fatta di visione e prospettiva.
È pacifico. Eppure, rispetto al passato, l’approccio sembra non cambiare e gli incentivi alla natalità continuano a passare per la sola logica dei sussidi.

La bassa natalità dipende da due fattori: inoccupazione giovanile, che impedisce la formazione di nuove famiglie numerose, e la ridotta tutela della maternità.
Ed è con questi problemi che occorre misurarsi.



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