PER UN CAMBIAMENTO IN AMBITO TURISTICO E CULTURALE

PER UN CAMBIAMENTO IN AMBITO TURISTICO E CULTURALE

Le risorse nascoste dei NEET

Il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment or Training) è espressione di un disagio che rende il problema di difficile soluzione e impone particolare sensibilità d’approccio.

Tra i dati forniti dai Centri di Orientamento al Lavoro per studenti, in Inghilterra, nel 1997, si delineava una categoria di giovani, tra i 15 e i 18 anni, che non apparteneva né alla sezione degli studenti, né faceva parte di coloro che stavano frequentando corsi di formazione. Fu la Gran Bretagna a coniare l’acronimo NEET, in occasione del suo rapporto Bridging the GAP (Social Exclusion Unit, 1999), con una peculiare concentrazione sull’analisi del panorama dei rischi di esclusione sociale, per valutare l’efficacia delle politiche chiamate a fronteggiarli.

In Italia, la popolazione dei NEET è composta da “tutti i giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione regionali della durata superiore a 6 mesi”.

Oggi se ne contano, soltanto in Italia, 2,4 milioni. Un potenziale non utilizzato che costa 36 miliardi di euro all’anno, il 2% del Pil del Paese, difficilissimi da intercettare perché non rientranti nel radar delle politiche del lavoro. Nei report IRPET1 e ISTAT2, in riferimento a dati regionali e nazionali italiani, la questione NEET è inserita nella sezione relativa al mercato del lavoro. Il report del BES (Benessere Equo Sostenibile) riporta la trattazione dell’argomento alla formazione e all’istruzione.
La categoria è utilizzata, infatti, come indicatore dello stato di salute sia del mercato del lavoro che del sistema scolastico di una data nazione.

La questione ha a che vedere, insomma, con la rimozione delle barriere al passaggio dei giovani dal mondo dell’educazione a quello del lavoro, e con le iniziative di contrasto all’abbandono prematuro degli studi da parte degli studenti.

Quello dei NEET è affrontato, insomma, come un problema generazionale, che racchiude in sé problematiche di natura sociale, politica ed economica.

Tramutare lo ‘scoraggiamento del fare’ in azione partecipativa e propositiva è possibile anche grazie alla valorizzazione delle risorse artistiche e ambientali a disposizione. Per converso, l’incommensurabile valore della creatività giovanile potrebbe rivelarsi essenziale ai fini della crescita dei settori turistico e culturale.

Il miglioramento di sé è spesso la strada per il miglioramento della realtà circostante.

– Un’idea di presta fattibilità e certa utilità individuale e sociale potrebbe essere quella di coinvolgere i Giovani nella scrittura di progetti di rivalutazione di borghi e quartieri, con spinta partecipativa verso obiettivi comuni. Sentirsi parte attiva di un piano di crescita collettiva aiuterebbe a incentivare l’autostima e invogliare alla riconquista di un ruolo nella società, secondo inclinazioni e aspettative. Aiuterebbe ad acquisire maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità.
Alla pianificazione e alla realizzazione del progetto seguirebbero attività di promozione e  presentazione, ad esempio facendo da guide per il quartiere alla rinascita del quale si è contribuito, promuovendo le attività del territorio, facendosi insomma portavoce di connubio arte-cultura-turismo-commercio che possa indurre al reclutamento di un impiego professionale.

– Di certa utilità sarebbe anche un maggiore coinvolgimento dei giovani nell’organizzazione di eventi culturali, spettacoli e mostre, per supporto alle biglietterie, assistenza tecnologica, promozione social, quando non per la valorizzazione di (a volte inconsapevoli) capacità artistiche.
La collaborazione, sia per la parte tecnica, sia per quella logistica, consentirebbe di apprendere un lavoro da ‘dietro le quinte’. La soddisfazione della realizzazione dell’opera e della prima uscita incoraggerebbe e stimolerebbe.
Per i giovani artisti, avere occasione di confrontarsi con le proprie abilità è fondamentale per una maggiore coscienza di sé e delle risorse a disposizione.
E’ certo che mettersi in gioco alimenta il circolo virtuoso che dall’azione porta ad altra azione, con accresciuto desiderio di integrazione e superamento del nichilismo e dalle sfiducia generati dalle ansie e dalle paure dell’insoddisfazione.

Maggiori investimenti nel finanziamento di start-up innovative o per l’implementazione di nuove applicazioni, poi, creerebbero opportunità di aggregazione virtuosa e consentirebbero di dare espressione ad abilità dei giovani che spesso restano non valorizzate.
Proprio in questa direzione muoveva il progetto organizzato da Yes4To (raggruppamento spontaneo di associazioni imprenditoriali torinesi), con il sostegno della Compagnia di San Paolo, perseguendo la finalità di facilitare l’inserimento delle categorie NEET nelle imprese, incentivando un nuovo interesse formativo (attraverso la formula del tirocinio) e di seguente soddisfazione carrieristico-economica.



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