PROPOSTE PER UN RILANCIO DI STABILITA’

PROPOSTE PER UN RILANCIO DI STABILITA’

Accesso al credito e liquidità

In un momento di affanno economico e sociale, occorre pensare a un rilancio fatto di stabilità e realmente utile a favorire lo sviluppo.  E’ fondamentale combattere l’economia iniqua, da rimpiazzare con un’economia vicina alle persone, fatta di inclusività e realmente mirata alla soddisfazione di interessi esistenziali. Rispettosa della gerarchia dei valori consegnata dalla Carta costituzionale.

Tante le strategie utili possibili. Ma ogni intervento deve partire dallo studio dello stato dell’arte, dall’analisi dei dati che fotografano con chiarezza il tessuto imprenditoriale italiano, secondo l’Annuario Statistico Italiano dell’ISTAT costituito da un numero di microimprese (fino a 10 addetti, N.d.R.) pari al 95,2% delle imprese attive. Sono queste le realtà alle quali dare una risposta.

Appare evidente l’immediata necessità di reperire quella liquidità che manca sia allo Stato sia ai cittadini e alle imprese. E questo diventa oltremodo difficile se si pensa che lo scorso 1 gennaio 2021 è entrata in vigore la nuova definizione di default prevista dal Regolamento europeo n. 575/2013 e relativa ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento [v. comunicato Meritocrazia Italia del 29 dicembre 2020].
I criteri di classificazione dei clienti a fini prudenziali da parte di banche e intermediari finanziari saranno più stringenti rispetto a quelli finora previsti.

Occorre allora fare ricorso a nuovi modelli organizzativi, che favoriscano le aggregazioni fra le imprese per introdurre nuove modalità di accesso al credito che non considerino il rating l’unico elemento per valutare un’azienda che intende ottenere un prestito finalizzato.
Il merito creditizio, infatti, esclude tanti imprenditori perché scaturisce, tra l’altro, dalla lettura del bilancio, dalla generica analisi del settore in cui si opera, dalle abitudini di pagamento e dalla posizione in Centrale Rischi.

Nell’accesso al credito, dovrebbe assumere centralità il merito qualitativo del progetto.

Attualmente, al di là delle norme emergenziali, l’accesso al credito per le PMI passa dall’esclusiva e diretta valutazione degli istituti di credito, che non sempre sono in grado di valutare la qualità e la sostenibilità complessiva di un progetto e che, anche nel caso di prestiti agevolati, richiedono sempre garanzie reali che non favoriscono la nascita di nuove imprese e tendono ad escludere quelle già in crisi.

Se uno o più soggetti (anche e soprattutto coloro che non hanno subìto grave perdite a causa del Covid-19) si unissero attorno a un progetto comune, si consentirebbe alla singola azienda di avere un maggior valore contrattuale e gli istituti di credito avrebbero la possibilità di suddividere il rischio fra più soggetti.
Tali aggregazioni dovrebbero avere come interlocutore il Mediocredito Centrale, preposto a erogare prestiti o finanziamenti con la garanzia dello Stato, che dovrà valutare la qualità dei progetti. Compito del Mediocredito Centrale non sarà solo quello di erogare risorse economiche, ma quello di sostenere un effettivo rilancio dell’occupazione e prevedere un “accompagnamento” della durata di almeno 12 mesi che, oltre all’affiancamento utile alla realizzazione del piano finanziato, vigilerà sull’effettivo impiego dei finanziamenti elargiti.

I fondi messi a disposizione dal Microcredito Centrale dovranno in parte essere costituiti anche da un 2% dell’IVA che le aziende e i professionisti versano stabilmente per quelle iniziative che introducono modelli organizzativi che favoriscano le aggregazioni anche a livello di territori limitrofi (nel caso dei piccoli comuni) o di quartieri (nel caso delle grandi città) e che preferibilmente:

– riguardino settori merceologici e attività che registrano una crescita tendenziale in termini di sviluppo, anche tenendo conto della natalità e della mortalità delle imprese;

– contengano un piano di sostenibilità ambientale e risparmio energetico anche per il contenimento dei costi;

– prevedano la riorganizzazione di spazi e di processi e la modifica o l’ampliamento dei metodi di fornitura dei prodotti/servizi;

– coinvolgano le istituzioni locali, comuni in primis, per favorire lo smart working anche mediante le creazione di spazi comuni di quartiere o di borghi decentrati con la valorizzazione di aree e di edifici periferici inutilizzati, nei quali, nel rispetto delle misure sanitarie, si possa favorire la socializzazione degli smart worker, anche di imprese diverse, nonché la presenza di locali destinati ai figli delle mamme lavoratrici;

– introducano l’utilizzo della digitalizzazione con la creazione o l’impiego di piattaforme e-commerce anche per coloro che hanno un’attività su posto fisso e strumenti digitali per effettuare ordini, incassare pagamenti, programmare consegne, ecc.;

– nel settore tecnologico, favoriscano l’utilizzo degli istituti di pagamento che, oltre a consentire di ricevere e disporre bonifici, creano delle comunità di utenti e consentono vari servizi (biglietti per la sosta, pagamento di F24, bollettini postali, ricariche telefoniche, ecc.) con ridotti costi di gestione.

Per altro verso, una maggiore liquidità potrebbe essere assicurata grazie anche al ricorso a monete complementari accettate anche dai soggetti pubblici, con utilizzo che rimanda agli attuali buoni pasto o ai vecchi gettoni telefonici.
Si tratterebbe semplicemente di certificati di compensazione di credito tra diversi operatori e professionisti, che potrebbero pagare, anche parzialmente, senza la necessità di rivolgersi alla banca per ottenere il denaro necessario per ogni transazione. L’idea è che ogni imprenditore o professionista emetta un debito in natura in quanto verrà saldato mediante la cessione dei propri prodotti o servizi. In questo circuito di compensazione, imprese e professionisti potranno acquistare o cedere beni e servizi all’interno di una piattaforma informatica.

La vera novità sarebbe l’ingresso nel circuito anche dei Comuni, reti di Comuni o singole Regioni che, di conseguenza, potrebbero accettare questo strumento per il pagamento dei tributi locali o addirittura per l’IRPEF e l’IVA.

Dal lato loro, gli imprenditori, oggi più che mai, devono valutare la possibilità che le loro attività possano necessitare di un piano di riconversione che tenga conto del cambiamento dei mercati italiano ed esteri e della tecnologia che non viene utilizzata appieno.

Sarà, inoltre, necessario eliminare, principalmente nei bandi pubblici, l’obbligo del DURC per almeno 24 mesi.
Fondamentale anche la cancellazione totale, per almeno due anni, delle informazioni sulle pregiudiziali di pagamento da tutti gli archivi bancari, sotto il monitoraggio e la responsabilità della Banca d’Italia, a favore dei soggetti che abbiano visto il riconoscimento della esdebitazione [v. comunicato Meritocrazia Italia del 4 agosto 2020].

Di GIUSEPPE FINOCCHIARO



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