SII TU IL CAMBIAMENTO CHE VORRESTI VEDERE NEL MONDO

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Le proteste che ancora seguono la morte di George Floyd (non soltanto) negli Stati Uniti offrono molteplici spunti di riflessione.

La ‘manifestazione’ è sempre l’esposizione dell’opinione comune a un gruppo di persone. Una forma di attivismo solitamente svolta per mezzo di aggregazioni che danno corpo e visibilità all’idea sostenuta. L’art. 17 della Costituzione consente riunioni pacifiche e «senz’armi».

Rientra tra le libertà fondamentali del cittadino manifestare. Ma non nei modi ai quali si è assistito in questi giorni.

Le proteste fatte d’odio e rabbia violenta finiscono per ripercuotersi sui partecipanti stessi, su passanti e patrimonio pubblico.

Anche quando non è in discussione il motivo della protesta, non tutte le forma di manifestazione del pensiero sono ammissibili.

La reazione forte a gravi ingiustizie è comprensibile nell’immediato, ma la razionalità deve riportare ad altre maniere di espressione.

La violenza non può essere combattuta con violenza altrettanto efferata. Un mostro non può essere combattuto con un altro mostro; sconfitto uno ne resterebbe un altro da sconfiggere, in un circolo vizioso tale per cui uscirne sarebbe compito molto arduo.

In un modo dominato da luoghi comuni e indifferenza, serve dare un input differente.

La violenza si può combattere soltanto con esempi di comportamenti diametralmente opposti. Con dimostrazione di superiorità di sentimento. Dinanzi a certi comportamenti, è l’unica alternativa possibile. Ne va del rispetto della ragione umana, della capacità razionale di porre un freno a modi e costumi che nulla hanno di razionale e ragionevole. Ne va del rispetto di chi ha sacrificato la propria vita pur garantire alle generazioni future la possibilità di costruire un futuro migliore.

A chi sbaglia, a chi ferisce, a chi non ha rispetto per la dignità altrui, i Giovani lanciano un segnale di apertura. Non si giudicano le persone dai propri errori, perché ognuno ha una storia che merita rispetto; le persone si supportano e si aiutano a evitare di ripetere gli stessi sbagli.

Soltanto così, forse, si potrà rivoluzionare, alle radici, un sistema contraddistinto da usi e costumi ormai inaccettabili.

La guerra genera guerra. La violenza genera ulteriore violenza. L’odio genera odio.

Se si ribaltassero i piani del sentimento, cosa si otterrebbe? Forse una società in cui la non guerra genera la pace, la non violenza genera tranquillità, e l’amore genera ulteriore amore.

A pensarci, non sarebbe poi così male!

Di ANITA ROSSI



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