TRANSIZIONE DIGITALE

TRANSIZIONE DIGITALE

Ostacoli da superare

Si è ormai entrati nella fase decisiva del processo di infrastrutturazione digitale del Paese, essenziale per la ripresa economica e sociale.

Risorse e strumenti ora non mancano e pacificamente avvertita è, tra l’altro, l’esigenza di costruire la Rete in fibra in tempi conciliabili con il bisogno di innovare e modernizzare il Paese.
Tuttavia, per fare un vero salto digitale, occorrono capacità di investimenti, procedure snelle, valorizzazione delle competenze, tecnologie e interventi di regolazione adeguati. Tutti elementi che non trovano ancora agevole allocazione nel contesto nazionale.
In tutti i Paesi che hanno scelto di affrontare questa sfida, poi, sono state individuate una o più aziende ‘di riferimento’ in grado di garantire asset e abilità tali facilitare la transizione. Aziende che, di concerto con i regolatori istituzionali, si occupino di dare impulso e forza al processo di trasformazione.

Il PNRR, che assume una prospettiva futuristica, ha definito linee guida per l’innovazione digitale, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, l’informatizzazione e la sicurezza informatica.
Il 27% delle risorse è destinato proprio a questa Missione, con un pacchetto di investimenti da quasi 192 miliardi di euro, che l’Italia utilizzerà per rilanciare la propria economia dopo l’emergenza pandemica e la conseguente crisi economica. Sono già previsti interventi volti a migliorare le infrastrutture digitali e la connettività, nonché la trasformazione e l’innovazione della p.a. in chiave digitale. A questo proposito, è stato creato un portale (PA Digitale 2026), d’iniziativa del Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per consentire alle pubbliche amministrazioni di richiedere i fondi del PNRR dedicati alla digitalizzazione, rendicontare l’avanzamento dei progetti e ricevere assistenza.
In questa direzione, sarà possibile anche ridurre i divari territoriali, sociali ed economici.

A oggi, i piani di sviluppo della banda ultralarga (che si succedono ormai dal 2015) non sono bastati a colmare il digital divide che ancora relega milioni di cittadini in una condizione di arretratezza tale da non consentire di viaggiare alla stessa velocità degli altri. Si sa quale impatto abbia oggi la disponibilità tecnologica su ogni aspetto della vita sociale e lavorativa.
Sul tema digitalizzazione, inoltre, è preoccupante l’analisi fornita dalla relazione DESI (Indice di digitalizzazione dell’economia e della società), che rappresenta lo strumento mediante il quale la Commissione europea monitora il progresso digitale degli Stati membri dal 2014. Preoccupa, in particolare, il fatto che sussistono carenze significative per quanto riguarda il capitale umano, in aggiunta a quello che, rispetto alla media europea, l’Italia registra livelli di competenze digitali di base e avanzate molto bassi.
Si aggiungono ulteriori difficoltà.
Esistono, infatti, limiti elettromagnetici molto più stringenti rispetto al resto d’Europa. Si tratta di una menomazione che pone le industrie in una situazione di svantaggio competitivo a livello internazionale.
Altro limite è dato dalla incredibile stratificazione normativa. Gli stessi tentativi intrapresi dal legislatore per porre rimedio alla questione, tramite le semplificazioni, hanno avuto un impatto limitato: nove interventi su quindici sono, infatti, risultati inefficaci in fase di applicazione. Si consideri poi la frammentazione amministrativa, che in alcuni casi comporta la necessità di richiedere permessi per le installazioni di un’antenna a nove enti diversi, senza un criterio omogeneo di valutazione da un territorio all’altro.

A fronte di questo quadro gli operatori si devono confrontare con prezzi in calo e costi che aumentano. Il rischio, è quello che vengano meno le risorse per investire.

Non basta dunque la destinazione dei fondi per sviluppare le infrastrutture digitali (reti e server su cui viaggiano i servizi) per garantire l’autonomia tecnologica necessaria per il controllo dei dati, ma occorre creare sinergie per fare in modo che al sistema Paese sia data capacità di offrire servizi innovativi e di qualità a cittadini e imprese.
È anche indispensabile, è ovvio, saper sviluppare le infrastrutture digitali del Paese in sinergia con le iniziative europee, realizzando data center sicuri e affidabili sul territorio nazionale, in cui consolidare le infrastrutture digitali per abbattere lo spreco di risorse e aumentare la sostenibilità ambientale e la sicurezza.

In un’ottica di programmazione strategica, l’opportunità del PNRR, se colta fino in fondo, può diventare davvero decisiva per arrestare il processo di graduale arretramento subito dal Paese negli ultimi vent’anni.



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