UFFICIO PER IL PROCESSO

UFFICIO PER IL PROCESSO

Limiti e opportunità

L’Ufficio per il processo è un modulo organizzativo introdotto nel 2014 con il d.l. n. 190 (che aggiunge l’art. 16 octies al d.l. n. 179 del 2012, poi conv. in l. n. 221 del 2012), al dichiarato intento di «garantire la ragionevole durata del processo attraverso l’innovazione dei moduli organizzativi ed assicurando un più efficiente impiego di tecnologie dell’informazione e della comunicazione».

L’idea è stata quella di istituire uno staff al servizio della Magistratura, per consentire ai magistrati di dedicarsi alla decisione, lasciando a un organismo dedicato tutte le attività strumentali.
Se l’istituto appare dotato di enormi potenzialità per il governo della giurisdizione, il provvedimento che lo istituisce si presta da subito a prevedibili critiche, sia per la genericità dei principi organizzativi, sia per la mancata individuazione di un ‘modello tipico’ di Upp, sia, e soprattutto, per la esplicita volontà di realizzare una riforma dell’organizzazione giudiziaria ‘a costo zero’.

L’1 ottobre 2015, un decreto del Ministro della Giustizia ha definito le misure organizzative necessarie per il funzionamento dell’Ufficio per il processo, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti. Si propone di «indicare le linee fondamentali per l’uniforme organizzazione dell’ufficio per il processo», linee in concreto notevolmente ‘elastiche’ e alla base di una struttura piuttosto duttile, la cui concreta organizzazione viene in definitiva lasciata ai dirigenti degli Uffici.

Le norme tracciano un disegno piuttosto chiaro dell’Ufficio per il Processo, ed è innegabile che si tratti di un quadro piuttosto innovativo.

Come detto, la nuova articolazione organizzativa è chiaramente orientata a dare supporto all’attività giurisdizionale in senso stretto, e della stessa fanno parte, da un lato, i tirocinanti e i giudici onorari, che svolgono attività preparatorie e di ausilio al magistrato (i.e., preparazione dell’udienza, sottoposizione delle istanze al giudice), ovvero – limitatamente ai giudici onorari – attività giudiziarie delegate, quindi quelle attività più vicine al magistrato, e di immediato supporto alla sua attività; dall’altro, i cancellieri, ai quali restano affidati, in via esclusiva, i compiti che richiedono il contatto con il pubblico (il c.d. back office, destinato all’accettazione degli atti).
L’eterogeneità delle risorse umane a disposizione dell’Ufficio emerge anche dalla differente durata dei contratti di lavoro di chi lo compone, e, se il personale di cancelleria lavora in genere a tempo indeterminato, i neolaureati tirocinanti sono impiegati per un periodo che non può superare un anno (o diciotto mesi per i tirocini formativi ex art. 73 d.l. n. 69 del 2013), una durata evidentemente insufficiente per realizzare gli obiettivi previsti dalla legge istitutiva, soprattutto se si tiene conto del necessario iniziale periodo di formazione.

Altro aspetto critico emerso nel periodo di sperimentazione e fino ad oggi è che la scelta del legislatore non è stata quella di dar vita a un vero e proprio «ufficio del giudice», una sorta cioè di gabinetto, composto almeno da un assistente giudiziario e da un segretario assegnati al singolo magistrato, come accade, ad esempio, nella Corte costituzionale italiana o in altre realtà europee, quantomeno a livello di Corti supreme; è stato piuttosto quella di creare un «ufficio per il processo» destinato a supporto di uno o più giudici professionali o di una o più sezioni addirittura.
Questo rischia di rendere meno efficace e non effettivo il supporto garantito a ciascun magistrato, con possibili disomogeneità anche a livello territoriale, per le possibili differenti risorse disponibili anche dal punto di vista numerico.

Allo scopo di liberare il giudice dall’esecuzione di una serie di compiti strumentali e collaterali all’esercizio della funzione che gli è propria, sarebbe invero preferibile che ciascun magistrato disponesse di una struttura affidata alla sua cura esclusiva.

A ogni modo, nonostante le criticità richiamate, l’Ufficio per il Processo è oggi l’unico strumento a disposizione per migliorare l’efficienza del lavoro giudiziario. E rappresenta un’opportunità che va colta.

Se la sua introduzione non ha ancora portato ai risultati attesi e non ha avuto un impatto effettivamente risolutivo sui problemi legati allo smaltimento degli arretrati e alle attività di supplenza richieste al giudice, le cause sono da ricercare anche nella carenza di risorse adeguate, essendo risultato limitato l’apporto dei tirocinanti e scarse le risorse amministrative e quelle dei magistrati onorari.

Non è immaginabile attuare progetti ambiziosi senza investimenti adeguati.

L’attuazione dell’Ufficio per il processo entra nel vivo con l’approvazione del PNRR. È la prima vera opportunità di verifica dell’efficacia di questo modulo organizzativo.
L’auspicio è sempre che le nuove risorse del PNRR vengano utilizzate in modo corretto e proficuo, affinché possano davvero offrire la possibilità di profondi interventi nel settore giustizia: interventi che dovrebbero però articolarsi attraverso più piani di azione, e che devono essere inquadrati in un assetto complessivo.
Ciò rende necessario che siano attentamente valutate le scelte che si impongono davvero come più urgenti, nell’ottica di una riforma in termini di maggiore efficienza della giustizia: assetto della magistratura onoraria e, appunto, rilancio dell’Ufficio per il processo. Bisogna fare anche i conti con le carenze e arretratezze sistemiche emerse definitivamente in periodo emergenziale.

Alcune funzioni possano essere ben gestite a livello telematico, ad esempio con digitalizzazione del fascicolo, opzione del canale telematico per notifiche e comunicazione anche nel penale.

Una giustizia più rapida ed efficiente passa necessariamente anche attraverso una riqualificazione del personale in servizio, oltre che nuove mirate assunzioni a tempo indeterminato, ulteriori rispetto alle 16.500 assunzioni per l’UPP, per colmare alcune in maniera stabile e duratura.

In conclusione, l’inserimento di nuove figure, l’auspicabile razionalizzazione degli organici e delle dotazioni strutturali già esistenti, e il contemporaneo incremento delle stesse aprono a progetti di lunga portata e quindi rendono assolutamente necessario operare nuovi investimenti. Nel lungo periodo, la razionalizzazione delle strutture comporterà rilevanti risparmi di spesa che consentiranno di ammortizzare l’impegno del momento.



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