VERSO UN LIVELLAMENTO DELLA QUALITA’ DEL SERVIZIO SANITARIO

VERSO UN LIVELLAMENTO DELLA QUALITA’ DEL SERVIZIO SANITARIO

Dal 2010, si assiste a un progressivo definanziamento del Sistema Sanitario Nazionale.

Secondo la Fondazione Gimbe, tra il 2010 ed il 2019, al SSN sono stati sottratti, tra tagli e definanziamenti, 37 miliardi di euro. In pratica, il finanziamento del SSN è passato dal 7,1% del PIL nel 2013 al 6,6% del 2020, con previsione di riduzione per il biennio 2021-22 di un ulteriore 0,2%.

Secondo l’Eurostat, nel 2016 della spesa globale italiana in sanità circa il 22% è stata una spesa ‘out of pocket’, ossia pagata direttamente dai cittadini. Nello stesso anno, essendo la media europea della spesa sanitaria pari al 9,9% del PIL, l’Italia è rimasta in coda rispetto a (in ordine decrescente) Francia, Germania, Svezia, Austria, Paesi Bassi, Danimarca, Belgio, Regno Unito, Finlandia, Malta, Portogallo e Spagna, facendo meglio solo dei Paesi dell’Europa dell’Est e della Grecia; in cifre, a fronte dei 352 miliardi di euro investiti in sanità dalla Germania, dei 257 miliardi della Francia e dei 234 del Regno Unito, l’Italia ha speso solo 150 miliardi. Ancora più chiara è la situazione se si considera la spesa per abitante: 5600 € in Lussemburgo, 5100 in Svezia, 5000 in Danimarca, 4300 in Paesi Bassi, Germania, Austria e Irlanda, 3700 in Francia, Belgio, Finlandia e Regno Unito. L’Italia, pur essendo in Europa il Paese con la più alta percentuale di anziani – e quindi di cittadini con elevato livello di necessità sanitarie – rispetto la popolazione globale, ha speso solo 2500 € per abitante.

Il gap tra l’Italia e gli altri Paesi d’Europa si ripropone fedelmente tra le differenti regioni del Paese.

In un Paese moderno della Comunità Europea, in cui la salute rientra tra di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, sarebbe legittimo attendersi che ogni cittadino abbia pari possibilità di accesso a cure di qualità adeguata nel proprio territorio. Inammissibile, invece, che un paziente debba spostarsi da un lato all’altro del Paese per sottoporsi a un trapianto d’organo o a un intervento chirurgico per patologia oncologica, con aggravio di spese, oltretutto, sulla regione di residenza.

L’Italia, purtroppo, è un chiaro esempio di una tale discrasia.

Essenziale sarebbe una redistribuzione adeguata di investimenti su tutto il territorio nazionale.

Allo stato, invece, è rimesso alle Regioni il compito di amministrare gli affari relativi alla salute dei cittadini, con conseguente parcellizzazione e frattura dell’unità del Sistema Sanitario.

Tra gli effetti, il macroscopico divario che oggi è dato riscontrare tra le aree settentrionali e quelle meridionali del Paese, anche con riferimento alla facilità di accesso al servizio sanitario. La spesa pubblica sanitaria pro capite, e quindi il livello di assistenza sanitaria, segue il gradiente della ricchezza.

Ad esempio, nella provincia autonoma di Bolzano tale spesa è di 2.252,00 €, mentre in Campania è di 1.716,00 €. Il rapporto si inverte quando si osserva la spesa sanitaria sostenuta dalle famiglie: sempre a Bolzano, questa ascende al 22,4% della spesa totale, facendo precipitare la provincia autonoma al 15° posto della graduatoria; mentre al 16° troviamo la Calabria, terzultima nella precedente classifica, dove invece le famiglie spendono il 21,6%.

La differenza è che, mentre le Regioni con maggiore capacità economica spendono in loco per acquistare prestazioni sanitarie private di alto livello qualitativo, gli abitanti delle Regioni in difficoltà sopportano i costi degli spostamenti per prestazioni sanitarie non disponibili nell’area. Questi dati diventano evidenti nel tasso di ospedalizzazione per malattie gravi: ad esempio, in Emilia Romagna le ospedalizzazioni per malattia tumorale sono di 1301 per 100.000 abitanti, in Calabria, ultima in graduatoria, scendono a 857.

Rilevati i limiti del funzionamento del SSN, diventa impellente l’esigenza di correggere gli errori dei tagli alla Sanità pubblica dettati dalle regole di austerity, rimediando, con opportuno rifinanziamento, all’insufficienza di strutture ospedaliere adeguate, personale medico, paramedico e apparecchiature terapeutiche.

Serve riallineare costi e qualità del servizio sanitario per Regione, per livellare la qualità di servizi e prestazioni sanitarie, con interventi calibrati sulle necessità delle singole aree. Soltanto così sarà possibile valorizzare il Servizio Sanitario Nazionale, che, pur restando tra i migliori in Europa, è vittima di investimenti inadeguati e non proporzionati rispetto al resto del settore pubblico.



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