VIVERE BIO

VIVERE BIO

Oltre l’agricoltura. Architettura, design e salute.

L’etimologia dell’aggettivo biologico presente sui diversi vocabolari definisce esclusivamente un metodo di coltivazione che sia privo dell’uso di pesticidi o altre sostanze chimiche.

Nella realtà dei fatti col passare del tempo si è andati oltre rispetto a questa visione limitata del concetto di “biologico” e la definizione è stata via via estesa a differenti ambiti della nostra vita.

Spesso si pensa che uno stile di vita improntato sull’utilizzo di prodotti biologici abbia a che vedere esclusivamente con il consumo di alimenti biologici, tuttavia è molto più. Il “vivere bio” significa adottare una serie di scelte consapevoli che impattano diversi ambiti della nostra vita quotidiana: dall’alimentazione alle pulizie di casa, dall’uso di prodotti per la casa realizzati secondo particolari criteri fino ai cosmetici o ai capi di abbigliamento ecosostenibili per arrivare a vacanze consapevoli e nel pieno rispetto dell’ambiente, che possono svolgersi grazie a numerose iniziative di turismo responsabile e turismo biologico.

Arte e tecnologia diventano il “biodesign, un movimento di scienziati, artisti e designer che integrano processi e materiali organici nella costruzione degli edifici, dei prodotti di consumo e del vestiario. È un settore emergente e in crescita che stimola la collaborazione tra esperti di discipline diverse, uniti dalla ricerca di metodi per “creare” in modo più sostenibile che non impatta sull’ambiente. Nell’immediato futuro potrebbe rappresentare grande opportunità lavorativa e di sviluppo.

Le forme presenti in natura sono espressione di un’ottimizzazione di forma e struttura in relazione alle condizioni climatico – ambientali del contesto e di una minimizzazione dell’impiego di materiali. Alcune architetture organiche, chiamate anche biomorfe, si basano su questi criteri.

Ad esempio le opere dell’architetto e ingegnere spagnolo Santiago Calatrava come la Stazione d’Oriente di Lisbona che emula una foresta. La Gare de Lyon che assume la forma di un uccello, la cupola della Chiesa di Sant’Andrea al Quirinale a Roma che si ispira all’alveare.

La Cactus Tower dello studio UCX a Rotterdam e il Bosco Verticale di Milano che hanno i balconi e i terrazzi disposti in modo radiale rispetto al baricentro delle torri stessi per ottimizzare la relativa esposizione al sole, sono altri esempi di ottimizzazione degli spazi presi dalla natura e dalle piante.

L’architettura identificabile come “produttiva” nasce dal concetto di produzione di energia all’interno del costruito, utilizzando l’energia solare o altre fonti di energia rinnovabile, proprio come fanno le cellule nei sistemi biologici.

Il “bio” si è esteso anche alla medicina che ne è stata coinvolta sotto diversi aspetti. In particolare con la c.d. “medicina naturale”, la quale cerca di curare il paziente con metodi basati sugli elementi presenti in natura senza far uso di sostanze di sintesi chimica.

Per quanto riguarda l’agricoltura, il mondo biologico cresce costantemente e le coltivazioni bio hanno toccato i 71,5 milioni di ettari con oltre 2,8 milioni di produttori in tutto il mondo. Secondo i dati presentati di recente a Biofach del Research Institute of Organic Agriculture (l’Istituto svizzero FiBL) e di IFOAM, la Federazione delle associazioni del biologico a livello mondiale, la superficie globale coltivata con metodo biologico ha fatto registrare un incremento di due milioni di ettari in un solo anno in base ai dati rilevati a fine 2018 in 186 nazioni.

Gli Stati Uniti restano il primo mercato mondiale, mentre in Europa la Spagna si conferma il Paese più green seguito dalla Francia, la nazione in cui il biologico ha raggiunto lo sviluppo maggiore delle vendite (+15%). L’India continua ad essere il paese con il maggior numero di produttori (oltre 1,1 milioni), seguito dall’Uganda (210mila) e dall’Etiopia (204mila). L’Australia presenta la maggiore estensione di territori certificati bio (35,7 milioni di ettari), seguita dall’Argentina (3,6 milioni di ettari) e dalla Cina (3,1 milioni di ettari). A fronte della grande superficie bio presente in Australia, metà del terreno agricolo biologico mondiale si trova in Oceania (36 milioni di ettari). Al secondo posto troviamo l’Europa con 15,6 milioni di ettari e al terzo l’America Latina (8 milioni di ettari).

Il biologico rappresenta una grande risorsa che per l’export, tuttavia l’esportazione in Paesi extra UE di prodotti alimentari biologici non è semplice per via delle differenze normative e di riconoscimento.

A livello internazionale vi sono paesi dotati di normative interne specifiche per la gestione dei prodotti biologici, che richiedono certificazioni specifiche come il Brasile e il Giappone. Tale sistema di controllo e certificazione nazionale non riconosce alcuna equivalenza con il sistema regolamento europeo. Le aziende che intendono esportare i loro prodotti biologici devono disporre necessariamente della certificazione di conformità alla normativa interna rilasciata da organismo di controllo autorizzato.

Gli Stati Uniti e il Canada riconoscono la validità della certificazione biologica europea, attraverso accordi di equivalenza, ma non del tutto, infatti, prodotti biologici sono regolamentati negli Stati Uniti con una specifica Legge Federale, in vigore dal 21 febbraio 2001, conosciuta come NOP (National Organic Program) e gestita dall’USDA (United States Department of Agricolture) e gli operatori italiani ed europei che intendono commercializzare i prodotti biologici negli USA sono quindi tenuti a essere certificati in conformità al Regolamento NOP da organismi riconosciuti a questo scopo direttamente dall’USDA.

L’Australia riconosce la certificazione biologica Europea attraverso accordi di equivalenza, in ottemperanza alla legislazione UE 834/07.

In Cina esiste un regolamento biologico nazionale: per potersi classificare come biologici (organici), i prodotti alimentari devono essere certificati. La legislazione cinese non riconosce automaticamente le certificazioni del Paese di origine del prodotto, ma occorre ottenere una certificazione ad hoc, valida per un anno con possibilità di rinnovo.
Nonostante gli accordi di equivalenza, la maggior parte dei paesi extra europei ha regole proprie a livello di etichettatura dei prodotti alimentari, che si differenziano notevolmente per ubicazione delle informazioni, modalità di espressione delle stesse, lingua ed espressione dei valori nutrizionali.

L’Italia continua a distinguersi con buoni risultati per quanto concerne la produzione, le superfici coltivate, i consumi e l’export.

Secondo i dati delle FederBio il biologico italiano, con quasi due milioni di ettari, che rappresentano il 15,5% della superficie agricola, ha assunto una posizione leader in Europa anche per numero d’imprese con oltre 79 mila operatori, andando ad acquisire un ruolo strategico per il futuro dell’agricoltura italiana ed europea. “Le caratteristiche del sistema agroalimentare del nostro Paese, orientato alla qualità e al legame tra prodotto e territorio, lasciano ancora ampi margini di crescita che potrebbero caratterizzare il biologico, se fosse adeguatamente supportato da politiche di sviluppo in grado di conciliare sostenibilità ambientale ed economica”. Un’opportunità che va colta, implementata e supportata da politiche di sviluppo mirate in grado di integrarsi anche con la sostenibilità ambientale ed economica non solo nell’ambito dell’agricoltura.

Di MARYNA VAHABAVA

 

 

 

FONTI:
https://www.trevisotoday.it/casa/biodesign-il-futuro-tra-scienza-e-design.html

Il Biologico nel mondo: cosa richiede l’esportazione per Paesi EXTRA UE


https://www.architetturaecosostenibile.it/architettura/criteri-progettuali/biologia-architettura-ingegneria-996

Bio nel mondo: dati da record


https://www.aimac.it/libretti-tumore/biologici-biosimilari/cosa-sono-e-cosa-fanno-i-farmaci-biologici
https://feder.bio/biofach-2020-cresce-biologico-ue-federbio-anche-italia-si-punti-politiche-sostegno-del-settore/



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