GIUSTIZIA E DIVERSE ABILITA’

GIUSTIZIA E DIVERSE ABILITA’

Le legge è uguale per tutti?

Gli antichi greci furono i primi a rivendicare il diritto d’uguaglianza dinanzi alla legge.
Il concetto si sarebbe consolidato nel tempo, per comparire per la prima volta all’art. 4 della Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del cittadino del 1793.

Che ‘la legge è uguale per tutti‘ è scritto in ogni aula di giustizia.
Ma le persone non sono tutte uguali. Hanno bisogni diversi al variare dell’ambiente e della società.
Situazioni differenti meritano di essere trattate in maniera differente.

La fragilità sono spesso alla base di significative diseguaglianze. Le disAbilità non sono valorizzate nella loro peculiarità e restano marginalizzate anche nei diritti fondamentali.

La Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con DisAbilità, entrata in vigore nel 2008 e ratificata in Italia con la l. n. 18 del 3 marzo 2009, si propone di riportare le diversità sul palco della propria vita, per la rimozione di tutti gli ostacoli alla ‘normalità’ delle relazioni e della gestione del quotidiano.
I 50 articoli della Convenzione danno vigore a uguaglianza e inclusione sociale, imparziale riconoscimento dinanzi alla legge (art. 12) ed equo accesso alla giustizia (art. 13).

Ciò nonostante, l’accesso alla giustizia resta argomento ancora da affrontare.

Per traguardare l’obiettivo di garantire giustizia a tutti, occorre procedere nella missione di Rivoluzione culturale che riconosce originariamente la pluralità dei connotati delle barriere da abbattere, non solo “semplicemente” architettoniche, ma spesso gravate da connotati mentali e sociali condizionati altresì da fattori economici. La disAbilità dovrebbe quindi essere pensata come diversa abilità da esaltare con strumenti e accomodamenti adeguati, sempre accessibili e fruibili dai singoli, dai familiari, dai caregiver e dalla società tutta.

Le prime Linee guida sul tema “The International Principles and Guidelines on Access to Justice for Persons with Disabilities” pubblicate nel 2020 sono “un manuale pratico per progettare e attuare sistemi giudiziari inclusivi delle persone con disabilità, al di là del loro ruolo nel processo”.
Tempo, modi e mezzi possono differire, ma mai nessuno può essere privato del diritto alla propria autodeterminazione, libertà di scegliere e di tutelare i propri diritti.

In questo senso, oltre alla promozione di una forma mentis non più prettamente assistenziale – a presidio della dignità, come l’opportunità di decidere come, dove e con chi vivere la propria vita, della libertà, come partecipazione, e della giustizia, garanzia del pieno riconoscimento delle abilità differenti identificate come rare sfumature della molteplicità dei colori che rendono unica l’esistenza di ogni persona – vale proporre l’attuazione delle seguenti azioni inclusive, per escludere isolamento e marginalizzazione:

– abbattere gli ostacoli all’attiva partecipazione ai vari step giudiziari, ricorrendo ad adeguati facilitatori, individuati e dichiarati negli atti nei tempi dovuti, caso per caso, in accordo con i professionisti del settore che si relazionano in modo preventivo con le persone disAbili o un loro tutore;

– rispettare i modi ed i tempi della diversa azione comunicativa che può caratterizzare, in modo diverso, ogni persona con disAbilità ricorrendo in modo ufficiale anche ad ausili tecnologici, a modalità alternative di narrazione dei fatti e a mediatori professionisti qualificati e certificati (es. operatore LIS, interprete CAA, ecc.);

– su richiesta, predisporre ufficialmente tutti gli atti in linguaggio “Easy read”, in base alla diversa abilità della persona coinvolta nell’iter giudiziario che, se non interdetta, deve essere sempre resa autonoma all’accesso ed alla personale fruibilità dei documenti a suo carico;

– considerare che le persone disAbili, nella loro vulnerabilità, possono essere vittime di pregiudizio; pertanto, nel caso di disAbilità intellettive, del neurosviluppo o psichiatriche, sarebbe più attendibile raccogliere testimonianze in ambienti protetti, più familiari, ad opera di persone note affiancate o precedentemente formate in modo da non destabilizzarle mettendo a rischio anche l’attendibilità della testimonianza stessa;

– fare in modo che in ogni processo di cambiamento, in particolar modo nell’attuazione dei principi giuridici, si tenga sempre conto della prospettiva delle persone con disAbilità;

– prevedere formazioni specifiche e nominare obbligatoriamente, in ogni luogo di giustizia, un tutore della disAbilità super partes che entri in attiva operatività ogni qualvolta ce ne sia necessità.

La riforma della giustizia deve essere accompagnata da una cosciente educazione alla legalità rigorosamente diffusa fra tutti i cittadini, i quali devono acquisire reale consapevolezza che il pieno rispetto di norme, regole e leggi porta sempre a benefici individuali e collettivi e innalza la qualità della vita di tutti, senza alcuna discriminazione.



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