LA CITTÀ DEL FUTURO: SOSTENIBILE E INCLUSIVA

LA CITTÀ DEL FUTURO: SOSTENIBILE E INCLUSIVA

Oltre le barriere fisiche e sensoriali

Sostenibile, intelligente, sicura e inclusiva. Così sarà la citta del futuro se si sceglierà di puntare sulla progettazione di spazi urbani privi di barriere fisiche e senso-percettive.

In Italia vi sono centri che ridisegnano il loro tessuto urbano insieme alle persone con disAbilità e alle associazioni che le rappresentano, per rendere accessibili a tutti mezzi di trasporto, strade, impianti sportivi, musei, luoghi culturali e negozi.
Soltanto lavorando insieme alle persone che vivono sulla propria pelle il disagio sociale si può costruire una città inclusiva.

La ‘città inclusiva’ è un obiettivo molto complesso da realizzare, ma raggiungibile mediante la promozione di azioni integrate, finalizzate a uno sviluppo urbano nel quale qualità ambientale, inclusione sociale e crescita economica risultino indissolubilmente intrecciati.

È stimato che nel 2050 ben il 66% della popolazione vivrà nelle città.
Se si considera che nel 1990 il 18% della popolazione europea aveva oltre 60 anni, che nel 2030 questa percentuale salirà al 30% e che a oggi una persona su sei nell’Unione europea ha una disAbilità media o grave, ci si può prefigurare uno scenario nel quale un approccio consapevole di chi amministra le città e dei progettisti sulle scelte che riguardano spazi, ambienti e servizi adeguati è indispensabile per garantire adeguati livelli di qualità della vita per tutti.

Appare urgente sensibilizzare le Regioni e le Amministrazioni Comunali sul tema dell’accessibilità, che porta al più alto grado di vivibilità dello spazio aperto e dell’ambiente costruito e che ne consente la totale fruizione nell’immediato, e sul tema della mobilità, garantendo alle persone con disAbilità temporanee o permanenti, o dovute all’età avanzata, il più elevato grado di indipendenza possibile per consentire la loro partecipazione a una società inclusiva
Tutto ciò in accordo con principi della Convenzione ONU 2006 sui diritti delle persone con disAbilità (firmata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata dall’Italia con l. 3 marzo 2009, n. 18), che sancisce espresssamente i principi di accessibilità e mobilità personale, per il raggiungimento di una piena autonomia.

L’invito rivolto alle Regioni e ai Comuni è di individuare, seppure con i limiti e i vincoli esistenti, tutte le possibili soluzioni in grado di riscontrare le diverse esigenze di fruizione di spazi e attrezzature collettivi, sostenendo e valorizzando le capacità e abilità di ciascuno di svolgere con indipendenza le attività quotidiane, mettendo a sistema i vari interventi e indicando tra essi quelli prioritari, al fine di migliorare la qualità della vita di tutti.
In particolare, occorre favorire, in ambito urbano, le azioni utili e opportune per il superamento e l’eliminazione delle barriere materiali e immateriali, fisiche e sensoriali, anche attraverso seminari formativi ed informativi rivolti ai cittadini e ai tecnici regionali e comunali. Occorrono linee guida per l’attuazione di strumenti mirati ed efficaci, a scala urbana e territoriale.

Qualcosa è stato fatto. Tanto ancora c’è da fare.

Introdotti nel 1986, con l’art. 32, comma 21, l. n. 41 del 1986, e integrati con l’art. 24, comma 9, della l. 104 del 1992, che ne ha esteso l’ambito agli spazi urbani, i Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche (P.E.B.A.) sono lo strumento individuato per monitorare, progettare e pianificare interventi finalizzati al raggiungimento di una soglia ottimale di fruibilità degli edifici per tutti i cittadini.

Un Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, redatto con serietà, può essere uno strumento utile a conoscere le criticità del territorio e a programmare gli interventi di eliminazione delle barriere architettoniche di qualsiasi natura, ma è anche un mezzo che consente a ogni Comune di comunicare all’esterno la volontà di prendersi cura di tutti i cittadini, indistintamente. Diffondendo il contagio di modelli virtuosi.
L’obbligatorietà della redazione dei P.E.B.A. da parte dei Comuni era fissata entro un anno dalla adozione della l. n. 41 del 1986, ma i tempi previsti per la loro attuazione sono stati spesso disattesi e ancora oggi in moltissime città la loro progettazione e adozione è completamente assente.

È giunto il tempo della serietà.



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