LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE DEI CONSUMI NELLA P.A.

LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE DEI CONSUMI NELLA P.A.

Oltre la tecnica, esperienza e sensibilità

‘Il Bio fa bene all’ambiente!’
Potrebbe sembrare uno slogan, ma è nel dichiarato nella Comunicazione della Commissione Europea sulla Politica Integrata di Prodotto (Com 2003/302 del 18 giugno 2003) per il miglioramento delle performance ambientali dei beni e dei servizi. Nel Green Public Procurement (GPP) si promuovono la lotta alle emissioni di CO2 (con una ipotesi di azzeramento per il 2050) e la produzione di prodotti certificati BIO, da sostenere, incrementare e premiare negli acquisti da parte delle amministrazioni pubbliche.
Le utilità dell’agricoltura biologica stanno, per far sintesi, nel ridotto uso di pesticidi, nel favore per le biodiversità, nel contenimento di chimica e passaggi di trattamenti e, dunque, di CO2 immessa, nonché nella possibilità di fissare nel terreno maggiori quantità di carbonio.

Il GPP ha un ruolo fondamentale dal lato della domanda, per sostenere la produzione di beni e servizi più sostenibili e fungere da traino nel processo di orientamento delle scelte di consumo.

Nella adesione, l’Italia ha varato il Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione (PANGGP) e ha identificato, con decreto del Ministro dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, i c.dd. Criteri minimi Ambientali (CAM), l’efficacia dei quali è stata assicurata con l’art. 18, l. n. 221 del 2015.

Oggi, insomma, i prodotti certificati Bio, soprattutto quelli alimentari, sono entrati come requisiti in tutte le gare della p.a., in alcuni casi con percentuali premianti, in altri come requisiti obbligatori, previa esclusione.

Il dettaglio tecnico della previsione normativa è particolarmente curato, specie con riferimento al servizio di ristorazione collettiva e di fornitura di derrate alimentari. Così, a titolo d’esempio,
– frutta, verdure e ortaggi, legumi, cereali, pane e prodotti da forno, pasta, riso, farina, patate, polenta, pomodori e prodotti trasformati, formaggio, latte UHT, yogurt, uova, olio extravergine devono provenire, per almeno il 40% espresso in percentuale di peso sul totale, da produzione biologica in accordo con le previsioni di derivazione europea;
– la carne deve provenire, per almeno il 15% in peso sul totale, da produzione biologica in accordo con le previsioni di derivazione europea;
– il pesce deve provenire, per almeno il 20%, espresso in percentuale di peso sul totale, da acquacoltura biologica o pesca sostenibile sempre in accordo con le previsioni di derivazione europea.

Tuttavia il dato tecnico non basta a dar garanzia di sostenibilità.

Occorre, piuttosto, aver conto anche e soprattutto degli aspetti sociali e comportamentali.

Non tutti sono pronti a consumare solo biologico. Accade che la ristorazione collettiva si impegni nell’utilizzo di frutta bio premiante al 100%, per il massimo del punteggio, ma che la clientela non apprezzi di dover limitare il consumo a frutta di stagione o esteticamente imperfetta.

Predisporre piani di informazione ed educazione degli utenti sui prodotti biologici serviti, se del caso da prevedere nei capitolati di gara, consentirebbe la migliore comprensione delle notizie sul tema e il superamento di falsi luoghi comuni.
Per tutte, chi non conosce il disciplinare biologico per la frutta crede che la produzione escluda del tutto il ricorso a prodotti chimici e non sa che, invece, l’utilizzo è consentito, sia pure in dosi invece nettamente inferiori alla coltivazione tradizionale,  per proteggere la pianta.

Un’altra criticità.
La stesura dei capitolati di gara è solitamente affidata a logiche prettamente amministrative e tecniche, estranee al dato esperienziale, con risultati ineccepibili sul piano formale ma non sempre efficacemente intesi al miglioramento e promozione di una nuova cultura ambientale
E’ un fatto che il modello culturale e soprattutto organizzativo della p.a. non è preparato ad affrontare le sfide della crisi climatica ed ecologica, non è preparato ad agire nei tempi rapidi e con soluzioni radicali che il cambiamento climatico richiede.

Il capitolato andrebbe elaborato con un cambio di paradigma culturale, in modo partecipativo con tutti gli attori del servizio, chiamati a confrontarsi sui bisogni, in ottica di sostenibilità economica, ambientale e sociale del territorio a lungo termine.
Serve un dialogo tra tutti gli attori: tecnici esperti della normativa; tecnici della nutrizione; clienti e reali fruitori dei servizi; fornitori dei servizi di ristorazione.
Per evitare dispersione di tempo e risorse economiche, sarebbe opportuno ricorrere a  tecniche collaudate e in uso in altri Paesi di progettazione partecipativa dei capitolati, che dimostrano che, per ogni euro speso nella progettazione partecipata, se ne risparmiano tre successivamente nell’erogazione del sevizio.

Il BIO fa bene all’ambiente e la p.a. può vantare il merito di essere promotrice di un cambio di cultura ambientale e sociale.

Di GIORGIO BORGIATTIANO

 

 

 

 

FONTI:
• G.U. n. 220 del 21-9-2011 – ALLEGATO 1

• Provincia di Torino – Protocollo d’intesa per la promozione degli acquisti pubblici ecologici (APE 2011)

• Eicomenergia.it – La progettazione partecipata piace (https://eicomenergia.it/la-progettazione-partecipata-piace/?cn-reloaded=1 )



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