NEET E LAVORO

NEET E LAVORO

Passato, presente e futuro

I NEET sono i giovani di età compresa tra 15 e 30 anni che non lavorano e non sono inseriti in nessun percorso formativo o educativo. Disoccupati e inattivi.

Sono ricompresi tutti quei ragazzi, a elevato rischio di esclusione sociale, che, terminati o abbandonati gli studi, non cercano o non trovano occupazione per i noti limiti del mercato del lavoro o per difficoltà  personali o familiari.

Il dato.
A dicembre 2020 tornano a calare gli occupati e si registra un incremento dei disoccupati e degli inattivi. Nel 2019, secondo i dati Istat, il 22,2% dei giovani tra 25 e 29 anni non lavorava e non studiava. Circa 2 milioni di ragazzi.
I primi dati aggregati del 2020, pilotati anche dagli effetti dell’evento pandemico, evidenziano un valore pari al 23,7%. Lo spaccato di analisi, considerando i titoli di studio, già nel 2019 evidenziava un’incidenza maggiore, pari al 23,4% tra i giovani con diploma, leggermente più bassa, al 21,6%, tra chi aveva conseguito la licenza media e con una curva lievemente in calo per coloro in possesso di una laurea, con un dato che si attesta al 19,5%.
Resta, dunque, sempre presente il problema del mancato inserimento, nel mercato del lavoro italiano, di giovani laureati che poi, inevitabilmente, finiscono per offrire le proprie competenze all’estero.
Anche nel caso dei Neet, emerge un sostanziale divario tra uomini e donne, con una condizione più diffusa tra queste ultime al 24,3% contro il 20,2% degli uomini, indipendentemente dal livello di istruzione.

In questo contesto si conferma l’annoso problema della disoccupazione giovanile e, nello specifico del fenomeno in analisi, ancor di più nel Mezzogiorno d’Italia che evidenziava nel 2019, con un 33%, un gap notevole rispetto al Nord, attestato al 14,5%, ed al Centro con un’incidenza del 18,1%.
Un dato significativo rilevato dall’Istat, che smentisce tanti luoghi comuni, è che nel Mezzogiorno la quota dei Neet interessati a lavorare è notevolmente più alta rispetto alle altre macroaree: sono il 75,1%. Tale differenza è indipendente dal titolo di istruzione e questo dimostra come nel Sud Italia la condizione di Neet sia la conseguenza di minori opportunità di lavoro e non di carenza di volontà, carenza di opportunità causata da una economia depressa e che tiene ai margini del mercato del lavoro anche i giovani che vorrebbero entrarvi.

E’ indiscutibile, inoltre, che un anno di emergenza pandemica legata al Covid 19 abbia gravato maggiormente sugli ‘anelli deboli del mercato del lavoro‘ (così come definiti da uno studio del Cnel) ossia giovani, donne ed autonomi, che già stentavano prima a trovare stabilità.

Le mancate opportunità di questo ultimo anno, per chi si affaccia al mondo del lavoro per la prima volta, hanno fortemente scoraggiato i giovani. La fotografia dello stato attuale rischia di essere solo il primo momento di una lunga onda di crisi, aggravata da una dispersione scolastica, vertiginosamente implementata a causa della sospensione dell’attività didattica in presenza: una piaga sociale preoccupante, atteso che chi non consegue neanche la licenza di scuola dell’obbligo ha un futuro segnato e con l’avanzare dell’età si troverà ai margini della società.

Tutto ciò avrà un costo che col tempo diventerà insostenibile per lo Stato, sia in termini di interventi assistenzialistici necessari a sostenere questa fetta della società nel tempo, sia in termini di calo della forza lavoro stesso.

Questo disequilibrio, dunque, se non sanato, potrà portare a importanti e ulteriori deficit di cassa, ad un insostenibile aumento del debito pubblico, generando, al contempo, una riduzione del Pil e del PIU (Prodotto interno umano) nazionale, con un evidente depauperamento sia di risorse economiche che sociali.

Nel tempo, disparati sono stati i tentativi di sanare tale frattura sociale: orientamento di base e specialistico, percorsi di formazione, supporto nella ricerca del lavoro, apprendistato, tirocini, tutoraggio per l’avvio di impresa, incentivi all’occupazione. Gli stessi, però, si sono rivelati carenti sia nella fase di proposizione, in quanto frutto di interventi a cuscinetto, sia nella fase di attuazione, in quanto manchevoli di una pianificazione organica e multidisciplinare.

Tra le varie azioni messe in campo, il Programma Garanzia Giovani, progetto di fondamentale importanza che vede protagoniste le Regioni, ma che ha già mostrato notevoli lacune.
Gli strumenti ideati per rendere efficaci i finanziamenti e raggiungere gli obiettivi prefissati vanno in una duplice direzione, di indirizzo a beneficio dei giovani e di riforma del sistema lavorativo, nella direzione di allargare la base occupazionale.
Un ruolo importante è affidato alle Regioni, che hanno funzione di coordinamento della rete di servizi per l’impiego pubblici e privati accreditati che individuano i percorsi più consoni per ciascun giovane che aderisce al programma. Le Regioni dovrebbero indirizzare i giovani verso i servizi per l’impiego presso i quali sostenere il colloquio di orientamento. Inoltre, hanno il compito di monitorare gli interventi, osservare il processo di attuazione delle misure, i servizi che vengono erogati, il profilo e il numero dei beneficiari, i costi sostenuti, ecc.
I limiti di tale progettualità risiedono principalmente nella disparità delle politiche regionali avviate e nella diseguaglianza di base, sia in fase di offerta del mercato di riferimento, sia ancora in fase di realizzazione, con carenze funzionali non omogenee tra regione e regione.
L’unico obbligo resta la chiamata entro due mesi dall’iscrizione, di seguito non vi sarà alcun controllo né termini previsti per data, colloquio e firma del patto.
Fondamentale, poi, il contributo delle imprese, sia per incentivare l’ingresso di lavoratori giovani in azienda, favorendo quindi uno svecchiamento della manodopera, sia perché, grazie agli sgravi contemplati dalla normativa, potranno beneficiare di agevolazioni sul costo del lavoro, motivo per il quale le aziende italiane non investono attualmente in manodopera.

Nonostante i limiti, la Garanzia Giovani in Italia ha molte utilità , proprio perché garantisce percorsi formativi ed educativi in linea al raggiungimento dell’obiettivo circa l’inserimento nel mercato del lavoro.

In virtù di ciò, nell’imminenza della scadenza di Garanzia Giovani – nel 2020 – e considerando la risposta ottenuta sia dai giovani che dagli imprenditori più lungimiranti, ci si augura che la misura possa essere rinnovata con i dovuti correttivi, prevedendo, ad esempio, sgravi maggiori per le imprese che assumono, così da favorire un ulteriore allargamento della platea di imprenditori disponibili a partecipare all’iniziativa.

Servono, comunque, altri interventi immediati e decisi.

In particolare, occorre:

– condurre una lotta più determinata al lavoro sommerso, attesa la caducità di confine tra Neet e sfruttamento della manodopera giovanile; sarà indispensabile, per questo, i) inasprire le  sanzioni a carico dei datori di lavoro, con chiusura temporanea delle attività, e a carico dei lavoratori interessati; ii) favorire l’emersione del ‘nero’; iii) evitando che il reddito di cittadinanza implementi il ‘lavoro irregolare’ o quanto percepito già da contributi di formazione professionale;

livellare il costo del denaro su tutto il territorio nazionale, evitando così che (specie al Sud, ove il costo è maggiore) si crei una distorsione del mercato potenzialmente incidente, per ogni punto percentuale di maggior costo, del 5% circa sui parametri occupazionali;

– prevedere contributi statali per l’inserimento lavorativo dei giovani, costruire percorsi formativi adeguati alla domanda del mercato del lavoro, e operare una mappatura digitale nazionale che incroci domanda e offerta;

– in vista di un più ampio ‘patto generazionale’, contemplare flussi di personale in uscita che accompagnino le nuove generazioni sul mercato del lavoro (formazione organizzata all’uopo già in azienda, attraverso programmi di training on the job, verificando, di volta in volta, le esigenze dei territori al fine di accompagnare e guidare il percorso di inserimento);

– rafforzare la collaborazione tra scuole e centri per l’impiego, aumentando la qualità e la retribuzione delle attività proposte ai giovani, favorendo così la ricerca di un ubi consistam per i giovani piuttosto che l’inanità del lavoro sommerso;

– rinforzare i centri per l’impiego, adattandoli alle esigenze della zona di residenza;

riformare il sistema reddito di cittadinanza in reddito di inclusione o reddito di sostegno, quale investimento che possa o dar sostegno ad integrazione di minimi salariali stabiliti per legge o essere considerato un incentivo alla richiesta lavoro, attraverso una contribuzione congiunta stato/privati;

– favorire un patto sul lavoro che veda concretizzarsi la possibilità di svolgere più attività in contemporanea, limitatamente ai soli casi di estrema necessità nonché di interesse collettivo fino al raggiungimento di minimi salariali.

 

 

 

 

 

 

FONTI
“Dati ed indicatori sulla popolazione di 15-34 anni in Italia” Rapporto Giovani.Stat
https://www.anpal.gov.it
“I neet in Italia: dati, esperienze, indicazioni per efficaci politiche di attivazione” Start Net – Network transizione scuola lavoro
“I neet: la Garanzia Giovani come strumento di inclusione” a cura del Network Percorsi di Secondo Welfare



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