SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO

SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO

Carcere e pena, realtà distinte.

Il XVII Rapporto Antigone rivela un drammatico sovraffollamento delle carceri italiane, con un esponenziale aumento dei suicidi e una drammatica situazione sanitaria.

Sono circa 189 gli istituti penali sovradimensionati che avrebbero urgente bisogno di essere svuotati, sia per le complicazioni indotte dall’emergenza pandemica sia per la inadeguatezza degli spazi riservati ai detenuti. Non è questione di comfort, ma un vero e proprio problema igienico-sanitario e d’ordine pubblico. In grave violazione dei diritti umani dei detenuti.
Il sovraffollamento rende difficile e pericoloso anche il lavoro della Polizia Penitenziaria, costretta ad operare in costante situazione di rischio: il disagio dovuto all’assenza di spazi adeguati fisiologicamente predispone i detenuti alla violenza, su di sé e sugli altri.

L’attuale tasso di affollamento ufficiale si attesta al 106,2%, ma l’amministrazione penitenziaria riconosce che “il dato sulla capienza non tiene conto di situazioni transitorie”. I reparti chiusi coprirebbero circa 4mila posti: il tasso di affollamento effettivo, non ufficiale, quindi, cresce e raggiunge il 115%.

Questo significa che, per arrivare al 98% della capienza ufficiale regolamentare (percentuale di un sistema vivibile, che abbia un certo numero di posti liberi per eventuali arresti), sarebbe necessario diminuire il sistema di 4.000 persone (8.000 con i reparti chiusi).

Una società in cui l’equilibrio tra Merito ed Equità rende doveroso farsi carico di tutti i suoi componenti, anche di coloro che hanno commesso degli errori, ha il dovere di adottare politiche organiche di inclusione rivolte a tutte le fasce più deboli.

Quale soluzione migliore?
Più carceri o valorizzazione del patrimonio esistente?

Appare evidente che non è soltanto costruendo carceri che si adegua un sistema che ha bisogno, invece, di modernizzazione, creatività e investimenti nel campo delle risorse umane.

Nell’ambito delle risorse relative dal Recovery Plan, occorre programmare:

– un piano di ristrutturazione delle carceri esistenti, coinvolgendo nella pianificazione progetti in grado di modernizzare le strutture vetuste, nel rispetto di quanto previsto dalle norme interne e internazionali, in termini di spazi, diritti e opportunità;

– il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, con previsione di ipotesi aggiuntive di didattica a distanza, di formazione professionale anche da remoto, consentendo un maggior numero di incontri con il mondo del volontariato ed aumentando le possibilità di video-colloqui con familiari e persone care;

– il potenziamento delle infrastrutture carcerarie, mediante modernizzazione di aule scolastiche, aule informatiche, spazi comuni, attrezzature sportive, biblioteche e strutture per lavoro infra murario (laboratori, officine, ecc.), oltre alle strutture sanitarie interne;

– il rafforzamento del sistema delle misure alternative al carcere, che, a differenza di quanto è nell’immaginario collettivo, producono maggiore sicurezza (solo lo 0,5% di coloro che scontavano una misura alternativa ha commesso nuovi reati; al contrario, il carcere aumenta il rischio di recidiva);

– la realizzazione di progetti educativi e sociali, che riducano i rischi della devianza, trattamenti socio-terapeutici esterni per chi ha problemi di dipendenza, case famiglia per detenute madri, accordi con le centrali della cooperazione sociale, dell’artigianato e del mondo dell’industria per facilitare inserimenti lavorativi di persone in esecuzione penale;

– una formazione più qualificata agli operatori del mondo carcerario, fornendo loro strumenti adeguati per svolgere al meglio un lavoro difficile, logorante e pericoloso.

Come affermato, in sede costituente, da Fabrizio Maffi:

la pena, di per sé stessa, non può tendere alla rieducazione, ma è l’ambiente in cui la pena si sconta che può rieducare il condannato”.



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